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IL FOGLIO
18 gennaio 2006

Io, Luttazzi
Se intervistate un martire, siate così
cortesi da non contestargli il
disavanzo di 5 milioni (di spettatori)


Siccome le vie della promozione sono le
stesse per tutti – nani, ballerine, eroi civili
– ieri, per diffondere la conoscenza della
sua nuova tournée e riempire ben bene
anche le ultime file, Daniele Luttazzi ha dato
interviste a Repubblica e al Corriere della
sera. I quali, essendo giornali seri, non
hanno lasciato che lo spazio fosse una banale
inserzione promozionale, ma hanno avuto
con il comico l’approccio dialettico necessario
con un personaggio quantomeno
controverso. Per dire, la prima domanda di
Repubblica aveva un vocativo da giornalismo
vecchio stile: “Lei, Daniele Luttazzi,
gran comunicatore satirico della controinformazione,
implacabile coi monologhi…”.
E’ ora di finirla di dire che Daniele
Luttazzi si prende troppo sul serio. Lo fa per
non deludere i suoi interlocutori. Mica possono
prenderlo sul serio soltanto gli altri.
Daniele Luttazzi è scandalizzato, perdincibacco.
Per dire, voi lo sapevate che, a domanda
di Mentana, Petruccioli ha risposto
che quanto al ritorno di Luttazzi in Rai “mi
sembra per ora non si ponga il problema”?
Non vi sembra un’affermazione scandalosa?
Non vi sembra che la Rai abbia bisogno subito
di Luttazzi, che ne abbia bisogno il paese,
la democrazia, tutti noi? Lo spiega bene
al Corriere, Daniele: “Io non faccio la vittima,
io sono una vittima”. Diamine. Alcune
cose si possono pure perdonare, a Berlusconi,
ma certo non l’avere creato le premesse
per un paese in cui Daniele Luttazzi possa
impunemente dirsi vittima, e a noi tocchi, invece
di fargli una pernacchia, metter su una
contrita aria di circostanza.
Il fatto è che Luttazzi è il comico che meglio
rappresenta l’Italia. Dimenticate Totò o
Benigni: Luttazzi è l’entelechia di un paese
mitomane e lamentoso, in cui puoi dire al
Corriere che insomma tu sei nervoso a vedere
con chi ti hanno sostituito perché “la tv
non è un hobby, è un lavoro che richiede
competenza. Satyricon raggiungeva sette milioni
e mezzo di spettatori”, e l’intervistatrice
non pensa neppure per un attimo che tu
stia dicendo una castroneria, che sette milioni
di spettatori alle undici di sera non li fa
quasi neppure Celentano. Per la cronaca,
Satyricon, in onda nel 2001, oscillava tra il
milione e seicentomila (nella serata peggiore)
e i due milioni e seicentomila spettatori.
La puntata con Travaglio fu vista da due milioni
e trecentomila spettatori, quarantamila
dei quali, a sentire quel che diceva Luttazzi
all’epoca, la mattina dopo si precipitarono
a ordinare il libro di Travaglio. Sempre
per la cronaca, e al netto dei sette onirici milioni,
persino la serata meno vista di Satyricon
era comunque più vista dell’attuale desertificata
Rai2.
Così tenero così cane sciolto
Il fatto è che il tenero Daniele non fa gruppo.
Non solidarizza. Non ambrajovinellizza.
A lui piace fare il cane sciolto, e non saremo
così scortesi da ricordargli che nacque prima
l’uovo. Che il suo polemizzare con le derive
populiste di Beppe Grillo, fare quello
che non guarda in faccia a nessuno, e giù
strali anche su Unipol, il suo atteggiarsi a comico
libero viene cronologicamente dopo l’isolamento
degli altri martiri. Ovvero di tutti
gli altri giullari da piccolo schermo, ché in
Italia essere censurato e martirizzato è connaturato
alla tua essenza di comico televisivo.
Solo che normalmente fanno branco. Con
Luttazzi no, perché Daniele ha il peccato originale
di essere prodotto da quell’inciucione
di Bibi Ballandi, di non essere un duro e puro
da clan Dandini, e gli altri si sentono moralmente
superiori e più martiri di lui perché,
dicono, i loro, di programmi, non prodotti
da Ballandi, li avrebbero chiusi alla prima
puntata, se avessero fatto levare le mutande
a una soubrette come Daniele le fece
sfilare ad Anna Falchi. Non lo vogliono a giocare
con loro, e il bimbo ferito finge che a lui
non piacciano i loro giocattoli. E aspetta il ritorno
di Freccero a Rai2. Gli promise un tg
satirico, no? Tranquillo, Daniele. Freccero
torna. Il tg satirico si fa. Babbo Natale esiste.


INES TABUSSO