00 03/12/2005 02:29


Articolo di Michele Diodati pubblicato il 4/11/2005 alle ore 12,20.

Come manipolare l'informazione e vivere felici

Karin Deutsch Karlekar, una delle autrici del rapporto 2005 di Freedom House sulla libertà di stampa, smentisce la vulgata del centrodestra sul declassamento dell'Italia.

Un articolo di Felice Manti su Il Giornale del 26 ottobre scorso, intitolato significativamente Jannuzzi graziato? Non lo sapevamo Allora l'Italia è libera, comincia con la seguente citazione: «Se avessimo saputo che Jannuzzi è stato graziato, sareste un Paese free, libero. Il prossimo anno lo sarete sicuramente».
www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=38324

Il virgolettato è attribuito a Karin Deutsch Karlekar, una delle autrici del rapporto di Freedom House sulla libertà di stampa, che nel 2005 vede l'Italia occupare miseramente il 77° posto, ultima di tutte le democrazie occidentali.

Bruno Vespa, lettore troppo disattento del rapporto di Freedom House, scrive a sua volta su Panorama (28 ottobre, I media sono davvero malati?): «Siamo dunque al 77° posto mondiale della libertà di stampa? È fantastico scoprire che ci siamo finiti per la pena carceraria inflitta a due giornalisti: uno che è andato dentro per altri reati e il senatore di Forza Italia Lino Jannuzzi. La condanna di un amico di Berlusconi per aver parlato male dei nemici di Berlusconi è costata una sanzione all'Italia in quanto troppo berlusconiana. Quando ha scoperto che Jannuzzi è stato graziato, una delle autrici del rapporto sull'Italia ha detto al Giornale (mercoledì 27 ottobre) che adesso, sì, la nostra stampa tornerà a essere considerata libera. Ma si può?»
www.panorama.it/opinioni/archivio/articolo/ix1-A020001033399

La tesi che la pessima classifica ottenuta dall'Italia dipenda principalmente, o unicamente, dalla vicenda del senatore Iannuzzi è stata sostenuta anche nella puntata di Matrix del 24 ottobre scorso e poi ribadita, con grande forza, da Elio Vito, parlamentare di Forza Italia, nel corso della puntata di Porta a porta del 27 ottobre.
www.odg.it/primo_piano/show_news.asp?ID=89


Uno schieramento compatto a sostegno di una tesi falsa, completamente falsa.

Che sia falsa non lo dico io. Per capirlo basta leggere le parti dedicate all'Italia nei due Rapporti di Freedom House degli anni 2004 e 2005, dove si afferma con estrema chiarezza che il problema principale del nostro paese, per quanto riguarda la libertà di stampa, è la concentrazione di potere sui media nelle mani di Berlusconi e l'insufficiente opera di regolamentazione svolta dal Parlamento per limitare gli effetti di tale colossale conflitto d'interessi.

Anche senza andare a leggere nel dettaglio i due rapporti, sarebbe bastato, a smentire l'interpretazione fornita dal centrodestra, la lettura di qualche riga del comunicato stampa di Freedom House del 28 aprile 2004 (Global press freedom deteriorates), in cui vengono riassunti i temi principali svolti nel rapporto 2004. Eccone un estratto significativo (mia traduzione dall'inglese):

In Italia, l'accresciuta concentrazione dei media e la conseguente pressione politica hanno portato a un declassamento del paese da Libero a Parzialmente Libero.

«Il Primo Ministro Silvio Berlusconi ha avuto la possibilità di esercitare un'indebita influenza sull'emittente pubblica RAI», ha detto Karin Deutsch Karlekar, responsabile incaricata dell'indagine. «Ciò esaspera ulteriormente il già inquietante contesto dei media, caratterizzato da una copertura sbilanciata all'interno dell'immenso impero mediatico di Berlusconi».

Insomma, si potrebbe forse contestare la Karlekar nel merito delle sue affermazioni, ma non farle dire ciò che non è umanamente pensabile che abbia detto (cioè che la vicenda Jannuzzi sarebbe più importante del conflitto d'interessi di Berlusconi, ai fini del declassamento dell'Italia a paese parzialmente libero). Eppure c'è quel virgolettato nell'articolo de Il Giornale, che lascia immaginare un radicale cambiamento di posizione della responsabile del rapporto di Freedom House. Siccome non scrivo - a differenza di altri - cose di cui non sono più che sicuro, ho rintracciato sul sito di Freedom House l'indirizzo email della Karlekar e il 29 ottobre le ho scritto una lettera, di cui riporto qui, tradotta in italiano, la parte essenziale:

Ho letto il capitolo del Rapporto 2005 di Freedom House dedicato all'Italia. Mi sembra che confermi la mia opinione che l'affare Jannuzzi sia solo una parte di un problema ben più grande. Tuttavia solo lei, signora Karlekar, è in grado di chiarire i miei dubbi sulle vere ragioni della posizione dell'Italia nella vostra classifica e, più importante ancora, sui contenuti della sua intervista con Il Giornale.

Due giorni dopo, il 31 ottobre, ricevo da Karin Karlekar una risposta cortese e chiarissima, che non cito come virgolettato solo perché non ho (ancora) ricevuto dalla diretta interessata il permesso di rendere pubbliche le sue precise parole. I concetti espressi nella risposta della Karlekar mi sento però libero di divulgarli e sono esattamente i seguenti:
la ragione principale per il basso posizionamento in classifica ottenuto dall'Italia è il problema della concentrazione di proprietà nelle mani di Berlusconi, che si trova nella condizione di esercitare influenza sui media sia nella veste di proprietario sia in quella istituzionale di Primo Ministro.
A ciò va aggiunto, come problema generale, il controllo politico sui media.
Il caso legale di Jannuzzi è una vicenda relativamente secondaria (il che smentisce clamorosamente quanto strombazzato nei giorni scorsi dalla grancassa mediatica suonata dal centrodestra e dai suoi sostenitori).
Il virgolettato apparso su Il Giornale è una citazione erronea del suo pensiero, cosa che non sorprende la Karlekar, considerato il fatto che la testata è di proprietà del fratello di Berlusconi.

A questo punto, mi sembra davvero chiaro che le esternazioni di Vito, ciò che è stato detto durante Matrix, gli articoli di Manti su Il Giornale e di Vespa su Panorama rientrano tutti in una precisa strategia: far credere agli italiani che:
l'Italia è un paese dove l'informazione, anche quella televisiva, è assolutamente libera;
il conflitto d'interessi è una montatura degli avversari politici;
la classifica di Freedom House è stata un errore di valutazione, dovuto alla scarsità di informazioni sul campo e di adeguati controlli.

Come cittadino italiano, come persona informata dei fatti e amante della libertà, ma soprattutto della verità, dell'informazione, mi ribello ad una simile montatura mediatica, la cui sola esistenza è la migliore conferma della correttezza del 77° posto che l'Italia ha meritato nella classifica di Freedom House.

Chiedo con forza che i politici e i giornalisti che hanno divulgato informazioni false sull'argomento le smentiscano con altrettanta forza usando gli stessi media (televisioni e giornali) di cui si sono serviti per imbrogliare gli italiani.

Poiché ciò non avverrà, chiedo a tutti coloro che hanno a cuore la verità e la libertà d'informazione in Italia - per esempio Beppe Grillo, Daniele Luttazzi, Oliviero Beha, Antonio Di Pietro, Elio Veltri, Marco Travaglio - di far sentire la loro voce, certo più potente della mia, in tutte le sedi possibili, affinché venga ristabilita pubblicamente la verità dei fatti e chi ha manipolato l'informazione venga smascherato.


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DA:
Cieli Limpidi
Il blog di Gabriele Paradisi


martedì, 22 novembre 2005

La nota di precisazione di Freedom House & Felice Manti...

PRESS RELEASE
FOR IMMEDIATE RELEASE
CONTACT: Sarah Repucci
212-514-8040 x23
FREEDOM HOUSE STATEMENT ON ITALY'S PRESS FREEDOM RATING
NEW YORK, November 21, 2005 -- Recent debate in surrounding the country's classification in Freedom House's annual survey of media freedom, Freedom of the Press, has led to incorrect characterizations in Italian media about the nature of the rating. In 2004, Freedom House downgraded from "Free" to "Partly Free" status (based on events in 2003). That status was maintained in the 2005 study (based on events in 2004). In an October 26, 2005 interview with Karin Karlekar, the survey's managing editor, 's Il Giornale newspaper incorrectly suggested, that the sole reason for 's "Partly Free" rating was due to legal action brought against two Italian journalists, Massimiliano Mellili and Lino Jannuzzi, in 2004. The full Il Giornale article is available here: www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=38324&START=0
Freedom House wishes to clarify that, as stated in the 2004 survey introduction and country report for Italy, there are two primary reasons for Italy's initial downgrade and continuing "Partly Free"
categorization. These are:
-- Concentration of ownership, particularly over the broadcast media, which has come about due to the fact that Prime Minister Berlusconi and his family have extensive business interests in the media, including their ownership of 's three largest private television stations and the Il Giornale newspaper itself. This creates a conflict of interest for the Prime Minister, acting both as a media entrepreneur and head of government.
-- An environment of excessive political control over media outlets' coverage and an increase in misuse of this power by members of the government, particularly over the public broadcasting network RAI (in 2003 the RAI board resigned in protest over government interference). It was also noted that also features an insufficient legal and institutional framework to fully protect press freedom -- the libel cases against journalists being just one example of this.
While the Italian government has passed two laws in 2004 (the Frattini law and Gasparri law) intended to address both the monopolization of television media and the conflict of interest that exists when a legislator maintains private holdings at odds with his or her public duty, neither piece of legislation presents a sufficient challenge to the Berlusconi family's control of the television industry.
Freedom of the Press, first published in 1980, assesses the degree of print, broadcast, and Internet freedom in every country in the world. It assigns each country a numerical score from 0 to 100 that determines a category rating of Free, Partly Free, or Not Free. Ratings are determined by examining three broad categories: the legal environment in which media operate, political influences on reporting and access to information, and economic pressures on content and the dissemination of news.
Freedom of the Press 2005 is available online at:
freedomhouse.org/research/pressurvey.htm

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Prima di leggere questa nota di FH, che mi sembra decisiva per dirimere una volta per tutte la questione trattata in queste settimane, avevo scritto direttamente a Felice Manti per avere la sua versione. Gentilmente egli mi ha risposto…

Sent: Tuesday, November 22, 2005 3:37 PM

Subject: Freedom House

Gent.le Manti, Mi sono interessato in queste ultime settimane al caso di Freedom House e alla loro famosa classifica. Ho intrattenuto con Paolo Guzzanti un dialogo circa l’interpretazione di quella posizione (colpa del caso Jannuzzi, anzi no) e più volte mi è capitato di citare lei e il suo articolo su Il Giornale del 26 Ottobre. Per farla breve, se va nel mio blog trova tutta la storia… Comunque, e mi sono accorto che anche altri navigatori hanno fatto verifiche dirette, mi sento di smentire ciò che lei scrisse, in quanto a me, la Sig.ra Karlekar che lei intervistò in quell’articolo, mi ha assicurato di essere stata citata male o fraintesa. Mentre Paolo Guzzanti in un articolo del 18 novembre sempre su Il Giornale
www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=43676
ha ammesso l’infondatezza della tesi Jannuzzi, da lei non mi risulta sia stata effettuata ancora nessuna rettifica. Può dirmi qualcosa al riguardo? Glene sarei molto grato. Grazie, Gabriele Paradisi

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Inviato: martedì 22 novembre 2005 16.06
A: Gabriele Paradisi
Oggetto: Freedom House

Intanto la ringrazio per le cose che ha scritto e per aver chiesto la mia posizione. Il "caso Freedom House" è una cosa sulla quale sto lavorando da stamattina, dopo la nota di precisazione (che le inoltro). Innanzitutto, confermo per filo e per segno l'intervista che ho fatto con la Karlekar. La quale mi ha detto che il punteggio dato sul legal environment era superiore a quello degli anni scorsi a causa dell'arresto di due giornalisti. E mi ha ribadito che, senza quei punti, la nostra valutazione sarebbe stata inferiore ai 30 punti, che segnano il confine tra paesi free e paesi non free. La nota di Freedom House, peraltro, non smentisce né l'intervista né il suo contenuto ma sottolinea che l'arresto dei due giornalisti non è la "sole reason" (cito testualmente) della nostra posizione in classifica, come peraltro viene ribadito nell'intervista (http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=38324&START=0). Il nome di Jannuzzi non me lo sono inventato io, ma viene citato ESPLICITAMENTE nella spiegazione che da' FreedomHouse della posizione italiana. La signora Karlekar non è stata male interpretata, ma forse ha commesso l'errore di dire una piccola verità. È curioso che non abbia sentito la necessità di replicare alla mia intervista, ed è altrettanto curioso che sia assente da oggi e fino al 2 dicembre (come da e-mail che le inoltro). Sto cercando di mettermi in contatto con Freedom House per chiarire definitivamente la situazione, perché non mi piace passare per bugiardo. La situazione spero si chiarisca con il rapporto 2006, relativo all'anno solare 2005. Se siamo free, avrò ragione io. Se siamo partly free, chiederò spiegazioni all'estensore del rapporto, per iscritto e via mail, come spero di fare entro oggi. Il contenuto della e-mail è (ovviamente) interamente pubblicabile sul suo blog.

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Inviato: martedì 22 novembre 2005 16.12
A: 'felice manti'
Oggetto: R: Freedom House

La ringrazio della tempestività della sua risposta. Esauriente e onesta. La invito ad approfondire la questione perché a me risulta che Freedom House dovrà emettere una nota di chiarimento perché in due momenti diversi la Karlaker mi ha ribadito di essere stata “misquoted” (sul caso Jannuzzi) ed “extensively misquoted” sul fatto che La Repubblica sia la loro unica fonte informativa. Comunque mi tenga informato. Grazie mille, Gabriele Paradisi
postato da: GabrielParadisi alle ore 16:42


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22 Novembre 2005 - 17:14
Felice Manti mi ha comunicato che domani mattina su Il Giornale uscirà un suo articolo in cui riporterà il colloquio avuto con Mrs Repucci, autrice della nota di chiarimento di Freedom House, vista la momentanea assenza della Sig.ra Karlekar.
Pubblicheremo l'articolo appena ne verremo in possesso.
GabrielParadisi

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IL GIORNALE
23/11/2005
«Libertà di stampa: cambieremo i criteri per valutare l'Italia»

Felice Manti
da Milano

«In Italia c'è ancora una situazione di “parziale libertà” per quanto riguarda la stampa e il diritto di espressione». Comincia così il comunicato della Freedom House, la società americana che ha stilato il contestato rapporto sulla libertà di stampa nel mondo, assegnando all'Italia il 77° posto, e ripreso anche da Adriano Celentano nella trasmissione Rockpolitik. La società prende anche le distanze dall'intervista rilasciata al nostro giornale quasi un mese fa: «Contrariamente a quanto scritto da Il Giornale del 26 ottobre, le azioni legali contro i due giornalisti Massimiliano Mellili e Lino Jannuzzi non sono le uniche ragioni (sole reason) della retrocessione dell'Italia».
La precisazione della società Usa, oltre che tardiva, è anche imprecisa, perché Il Giornale non ha mai sostenuto che i due arresti fossero le uniche ragioni, ma semplicemente che, cifre alla mano, senza quegli arresti saremmo stati un Paese anche da loro considerato libero.
La richiesta di ulteriori chiarimenti ai responsabili della società è stata difficile: la Karlekar, contattata via e-mail, risulta assente da domenica scorsa e fino al 2 dicembre. Riusciamo a parlare con Sarah Repucci, che ha redatto la precisazione.
Come mai questa precisazione, un mese dopo l'intervista?
«Karin Karlekar dice di essere stata mal interpretata nell'intervista, e ancor di più perché qualcuno, dall'Italia, ha detto che l'unica fonte che ha ascoltato l'estensore del rapporto è il quotidiano Repubblica. Questo lo smentisco».
Nient'altro?
«Avete sostenuto che il motivo principale della vostra posizione era l'arresto dei due giornalisti».
No. La Karlekar mi ha detto che senza quelle due sentenze della magistratura la nostra posizione sarebbe stata diversa. Saremmo stati liberi...
«I due arresti hanno pesato, non saprei se 6 punti come dice lei o no. Ma i problemi dell'Italia sono altri. Cito dal rapporto: il premier Berlusconi e la sua famiglia, che hanno interessi nel settore dei media, la legge Gasparri...»
Lei sa che cosa prevede la Gasparri?
«No».
Annuncia la possibile privatizzazione della Rai, che toglierà la tv pubblica dal controllo del potere politico. Moltiplica i canali televisivi grazie al digitale terrestre, prevede un contributo per l'acquisto del decoder. Lo sapeva?
«No».
Sul vostro rapporto si legge: «I critici sostengono che questa legge rinforza il potere di Berlusconi sui media». E quelli che sono favorevoli?
«Non saprei».
Chi ha redatto il rapporto?
«Questo non posso dirglielo, deve rimanere segreto. Ma posso assicurarle una cosa».
E cioè?
«Che il prossimo anno, quando valuteremo la situazione italiana, ascolteremo anche altre voci».


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Articolo di Michele Diodati pubblicato il 29/11/2005 alle ore 1,27.

Strani casi di Case della libertà
di Michele Diodati

Un comunicato stampa di «Freedom House» contesta le ragioni addotte dal Giornale per spiegare il 77° posto ottenuto dall'Italia nella classifica 2005 sulla libertà di stampa nel mondo.

Nei giorni di RockPolitik, alcuni giornali e trasmissioni televisive diffusero il messaggio che il pessimo piazzamento dell'Italia (77° posto) nella classifica contenuta nel Rapporto 2005 di Freedom House sulla libertà di stampa - che Celentano per la prima volta aveva fatto conoscere alla massa degli italiani - era dipesa non dal conflitto d'interessi del capo del governo e dal controllo della politica sulle televisioni, ma da una vicenda relativamente secondaria: le cause per diffamazione intentate contro due giornalisti, Melilli e Jannuzzi.

Aveva tutte le caratteristiche di un tentativo in extremis per sviare l'attenzione degli italiani, messi improvvisamente in allerta dalla trasmissione di Celentano, dalle vere ragioni di quella cattiva classifica, che ci vede indecorosamente all'ultimo posto tra tutti i paesi dell'Europa Occidentale, Turchia esclusa, per quanto riguarda la libertà dell'informazione.

Quel tentativo di alterare la verità dei fatti è stato contestato da Marco Travaglio dalle colonne dell'Unità con un articolo della serie Bananas intitolato Bufal House [***]. La cosa ha avuto però anche uno sviluppo interessante sul Web, dove Gabriele Paradisi, un cittadino qualsiasi proprio come me, è riuscito a coinvolgere il senatore Guzzanti e Felice Manti del Giornale in un'animata discussione, svoltasi sul blog di Paradisi Cieli limpidi. Poiché dopo vari botta e risposta, tutti documentati su quel blog, non si giungeva ad una conclusione accettata da tutti, nonostante fosse giunto nel frattempo un comunicato stampa di Freedom House dai contenuti inequivocabili, Paradisi ha deciso di scrivere a Freedom House, per chiedere ulteriori ragguagli su quel comunicato stranamente non ancora visibile sul sito dell'istituzione americana.

La veloce risposta di Sarah Repucci [1] è stata un chiaro e forte invito a diffondere il più possibile il contenuto di quel comunicato stampa, in attesa della sua pubblicazione ufficiale sul sito di Freedom House. Quello che segue è appunto il testo del comunicato, inviatomi da Gabriele Paradisi, che ho tradotto in italiano per facilitare la comprensione di chi mastica poco l'inglese. Dalla sua lettura risulta inequivocabilmente che la versione dei fatti che ho fornito nei due articoli precedenti in cui ho trattato la questione [2] è assolutamente corretta e corrispondente alla posizione di Freedom House. Allo stesso tempo, la versione sostenuta dal Giornale e da altri organi di informazione vicini al centro-destra appare invece erronea e tendenziosa.

Sarebbero auspicabili pubbliche ammissioni di errore da parte di chi ha travisato le ragioni della classifica attribuita da Freedom House all'Italia.

Dichiarazione di Freedom House sulla posizione dell'Italia nella classifica sulla libertà di stampa [3]
NEW YORK, 21 novembre 2005 - Un recente dibattito intorno al posizionamento del paese in Freedom of the Press, l'annuale inchiesta di Freedom House sulla libertà di stampa dei media, ha portato sui media italiani a una scorretta rappresentazione della natura della classifica. Nel 2004 Freedom House (basandosi sugli eventi del 2003) operò un declassamento dallo status di paese "libero" [Free] a quello di "parzialmente libero" [Partly Free]. Tale status è stato mantenuto nello studio del 2005 (basato sugli eventi del 2004).

In un'intervista del 26 ottobre 2005 con Karin Karlekar, la responsabile in capo dell'inchiesta, il quotidiano Il Giornale lasciò intendere scorrettamente che la sola ragione della valutazione di "parzialmente libero" fosse stata l'azione legale intentata nel 2004 contro due giornalisti italiani, Massimiliano Mellili (sic) e Lino Jannuzzi. L'articolo integrale uscito su Il Giornale è reperibile qui: www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=38324&START=0.

Freedom House desidera chiarire che, come dichiarato nell'introduzione e nel rapporto sull'Italia presenti nell'inchiesta del 2004, vi sono due ragioni principali per l'iniziale declassamento dell'Italia e per la perdurante valutazione di paese "Parzialmente libero". Esse sono:

La concentrazione di proprietà, in particolare nel settore televisivo, nel quale accade che il Primo Ministro Berlusconi e la sua famiglia possiedano rilevanti interessi economici nei media, compresa la proprietà delle tre principali emittenti televisive private nonché dello stesso quotidiano Il Giornale. Ciò crea un conflitto d'interessi per il Primo Ministro, che agisce allo stesso tempo come imprenditore dei media e come capo del governo.
Un contesto di eccessivo controllo politico sulle attività delle testate presenti nel panorama dei media, ed un crescente abuso di questo potere da parte dei membri del governo, in particolare sulle reti televisive pubbliche RAI (nel 2003 vi furono delle dimissioni nel consiglio d'amministrazione della RAI per protesta contro le interferenze governative). Si fece notare anche che il sistema giuridico e istituzionale era insufficiente a garantire la piena libertà di stampa: le cause per diffamazione contro i giornalisti ne sono solo un esempio.
E' vero che il governo italiano ha approvato nel 2004 due leggi (la legge Frattini e la legge Gasparri), che si proponevano di risolvere sia la questione del monopolio sulle televisioni sia il conflitto d'interessi che sorge quando un legislatore conserva interessi finanziari privati che contrastano con i suoi doveri pubblici; nessuna delle due leggi però mina seriamente il controllo della famiglia Berlusconi sull'industria televisiva.

Freedom of the Press, pubblicato per la prima volta nel 1980, valuta il grado di libertà di stampa, televisione e Internet di ogni nazione del mondo. Assegna a ciascun paese un punteggio da 0 a 100, che determina un posizionamento in classifica di Libero, Parzialmente Libero o Non Libero. I punteggi sono attribuiti esaminando tre grandi categorie: il contesto giuridico in cui operano i media, le influenze politiche sulla diffusione e l'accesso alle informazioni e le pressioni economiche che influenzano i contenuti e la divulgazione delle notizie.

Freedom of the Press 2005 è disponibile in rete alla pagina: freedomhouse.org/research/pressurvey.htm.

[1] Dear Gabriele,
Unfortunately, the Freedom House press statement on Italy's press freedom
rating has not been posted on our website yet. In the meantime, please find
the statement below.
We would very much like to distribute the statement as widely as possible,
but we do not have the email addresses for all Italian press agencies. If
you have any contact information for these groups, we would greatly
appreciate if you could pass it on.
Thank you for your interest. Please let me know if you have any further
questions.
Best,
Sarah
________________________________
Sarah Repucci
Senior Researcher, Countries at the Crossroads
Freedom House
120 Wall Street, 26th Floor
New York, NY 10005
(212) 514-8040 x23
fax: (212) 514-8055
freedomhouse.org/research/crossroads/cac.htm

[2] I due articoli sono: Rapporto Freedom House 2005: l'Italia peggiora ancora, la Turchia migliora e Come manipolare l'informazione e vivere felici

[3] Il testo originale inglese del comunicato stampa di Freedom House è presente sul blog di Paradisi, sul quale è stato pubblicato il 22 novembre scorso.



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Articolo di Michele Diodati pubblicato il 29/10/2005 alle ore 18,20.

Rapporto Freedom House 2005: l'Italia peggiora ancora, la Turchia migliora

informazione

La traduzione del capitolo dedicato all'Italia nel Rapporto 2005 di Freedom House sulla libertà di stampa.

Nella trasmissione Porta a porta del 27 ottobre, dedicata alla libertà d'informazione, il presidente dei parlamentari di Forza Italia Elio Vito ha sostenuto con grande convinzione che il pessimo posizionamento dell'Italia [1] nella classifica 2005 sulla libertà di stampa, stilata dalla prestigiosa Freedom House, sia dovuto unicamente alla vicenda che ha visto la condanna al carcere per un reato d'opinione del giornalista (e senatore di Forza Italia) Lino Jannuzzi.

Lo stesso concetto è stato ribadito in un servizio della trasmissione Matrix di qualche giorno prima nonché in un articolo pubblicato su Il Giornale, che inizia con la seguente citazione: «Se avessimo saputo che Jannuzzi è stato graziato, sareste un Paese free, libero. Il prossimo anno lo sarete sicuramente»; la citazione è attribuita a Karin Karlekar, da New York, una delle autrici della parte dedicata all'Italia nel Rapporto 2005 di Freedom House.

Credo che le affermazioni di Elio Vito, il servizio di Matrix e l'articolo de Il Giornale abbiano volutamente esagerato l'importanza della vicenda Jannuzzi per la classifica di Freedom House, allo scopo di far scomparire sullo sfondo il colossale conflitto d'interessi di Berlusconi.

Per rendere giustizia ai fatti, traduco qui di seguito il capitolo dedicato all'Italia, tratto dalle pagine 111-113 del Rapporto 2005 di Freedom House sulla libertà di stampa. Chi lo leggerà, capirà da solo quanto siano false e tendenziose le dichiarazioni che attribuiscono alla sola vicenda Jannuzzi la causa del 77° posto ottenuto dal nostro Paese.
Italia.
Status: parzialmente libera

Contesto legale: 9
Contesto politico: 13
Contesto economico: 13
Punteggio totale: 35

Le libertà di parola e di stampa sono garantite dalla Costituzione. Il legislatore era prossimo, in luglio, all'abolizione delle condanne al carcere per la diffamazione a mezzo stampa, un provvedimento atteso con favore dai rappresentanti dei media; tuttavia gli emendamenti proposti non sono ancora stati adottati. Nel corso del 2004 politici e loro sostenitori hanno intentato numerose cause per diffamazione contro giornalisti; in febbraio il giornalista Massimiliano Melilli fu condannato a 18 mesi di carcere ed al pagamento di 100.000 euro (124.400 dollari). In luglio, un giornalista e senatore settantaseienne [n.d.t.: Lino Jannuzzi] fu messo agli arresti domiciliari, attenuando una condanna del 2002 a 29 mesi di carcere per diffamazione. Le associazioni per la libertà di stampa criticarono due diverse irruzioni governative nelle case e negli uffici di alcuni giornalisti, dovute al rifiuto di quei giornalisti di rivelare le loro fonti per alcune controverse inchieste.

La maggior parte delle testate giornalistiche sono possedute da privati ma sono spesso collegate a partiti politici o controllate da grandi gruppi attivi nel settore dei media, che esercitano una qualche influenza editoriale. In dicembre, i giornalisti del più importante e più venduto quotidiano italiano, il Corriere della Sera, hanno protestato per le crescenti interferenze editoriali e per le pressioni esercitate dagli azionisti sulla redazione. Il giornale è di proprietà di RCS Mediagroup, di cui 15 dei maggiori gruppi italiani possiedono azioni. Preoccupazioni per la concentrazione della proprietà dei media sono sorte fin dall'elezione a primo ministro, nel 2001, di Silvio Berlusconi, magnate dei media e uomo più ricco d'Italia. La carta stampata, che conta otto quotidiani a diffusione nazionale, due dei quali sono controllati dalla famiglia Berlusconi, continua a fornire opinioni politiche diverse, comprese quelle critiche verso il governo. Tuttavia Berlusconi controlla o influenza sei dei sette canali televisivi nazionali. Mediaset, compagnia nella quale egli ha i maggiori interessi e che è il maggior produttore televisivo privato del Paese, possiede tre canali nazionali, mentre la televisione di Stato (la RAI), tradizionalmente soggetta a pressioni politiche, ne controlla tre. Continua ad essere oggetto di controversie la questione dell'impatto politico del controllo sui media da parte di Berlusconi. L'Osservatorio di Pavia, un organismo indipendente di sorveglianza sui media, ha riportato che nel mese di febbraio la presenza di Berlusconi in televisione è stata pari al 42% del tempo dedicato ai politici. Durante l'anno, il presidente della RAI Lucia Annunziata e una star del giornalismo televisivo, Lili [sic] Gruber, si dimisero come reazione al dominio sui media da parte Berlusconi. A luglio è stata approvata una legge a lungo attesa sul conflitto d'interessi, che si proponeva di risolvere le contraddizioni tra gli affari privati di Berlusconi e il suo ruolo di primo ministro. Benché la legge limiti il potere di controllo che i politici hanno sui loro gruppi finanziari, non impedisce loro di possedere società. Come risultato, la legge, considerata inefficace dai suoi critici, avrà ben poco impatto sull'impero dei media di Berlusconi.

In aprile il parlamento approvò una legge di riforma del servizio televisivo, nota come legge Gasparri, che introduce all'apparenza numerose riforme, quali il passaggio al digitale terrestre (previsto per il 2006) e la parziale privatizzazione della RAI. La legge fu inizialmente bocciata nel 2003 dal Presidente Carlo Ciampi, che fu indotto a ciò dalle associazioni dei media, che ritenevano che la legge minacciasse la libertà di stampa e indebolisse il pluralismo nell'informazione. Benché la versione rivista della legge disponga un tetto massimo ai guadagni conseguibili da una singola azienda attiva nel settore dei media, essa non considera gli interessi nelle industrie dell'editoria, del cinema e della musica. Chi critica la legge sostiene che non fa che rinforzare il controllo di Berlusconi sui media. La nuova legge consente inoltre a Retequattro, uno dei tre canali Mediaset, di continuare le sue trasmissioni con segnale terrestre. Il decreto va contro una sentenza della Corte Costituzionale del 2002, che imponeva che le trasmissioni del canale fossero spostate sul satellite a partire dal gennaio 2004, per garantire la concorrenza. Il passaggio al satellite avrebbe prodotto una considerevole perdita del valore di mercato dell'emittente.

Avevo già pubblicato mesi fa la traduzione dei passi che parlavano dell'Italia, nel rapporto di Freedom House del 2004. Confrontando i tre indici attribuiti al nostro Paese nel 2004 con quelli del 2005, si nota che c'è stato un miglioramento nel contesto legale (passato da 11 a 9, dove meno è meglio), nessun cambiamento nel contesto politico (valutato a 13) ed un netto peggioramento nel contesto economico, passato da 9 a 13. Il totale conseguito dall'Italia nel 2005, 35, segna due punti di peggioramento rispetto al già pessimo totale, 33, fatto registrare l'anno precedente. La Turchia, di contro, nostro compagno di sventura tra i paesi giudicati parzialmente liberi, è migliorata, passando dal punteggio di 52 ottenuto nel 2004 al 48 ottenuto nel 2005. Da notare che le tre nazioni giudicate più libere in Europa, cioè Finlandia, Islanda e Svezia, totalizzano ciascuna 9 punti, il che dà l'idea dell'abisso che divide il nostro paese da quelli in cui esiste un autentico pluralismo dell'informazione. Ma i nostri politici sembra che non se ne siano accorti, viste le insulse dichiarazioni rese, per fare solo due nomi, da Casini e Bondi a commento della trasmissione RockPolitik di Celentano...

[1] 77° posto, unica nazione dell'Europa Occidentale giudicata parzialmente libera.

[2] Il punteggio complessivo totalizzato dai paesi europei nel 2004 è stato di 408, a fronte del punteggio di 426 totalizzato nel 2005: il peggioramento complessivo è stato di 18 punti.


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FONTI:
pesanervi.diodati.org/pn/index.asp?t=informazione
gabrieleparadisi.splinder.com/post/6366913


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***Bufal House
di Marco Travaglio
da “l’Unità” del 30 ottobre 2005

Proprio un bel giornale, Panorama: comunista all’85%, come dice Bellachioma, che assume solo comunisti nella speranza che diventino come Bondi, Adornato e Ferrara. Infatti ci scrive anche Ferrara. E poi Paolo Guzzanti, senatore forzista. Lino Jannuzzi, senatore forzista. Giampiero Cantoni, senatore forzista, Gianni Budget Bozzo, cappellano forzista. Bruno Vespa, confessore dei forzisti. Con gente così, tanto vale che non lo diriga nessuno. Infatti lo dirige Pietro Calabrese. Nell’ultimo numero ben tre editoriali riguardano Freedom House che ha declassato l’Italia fra i paesi “semiliberi”, come sappiamo grazie non ai tg o ai cosiddetti programmi di informazione, ma a Celentano e al film di Sabina Guzzanti. Ora Paolo Guzzanti spiega amorevolmente alla figlia Sabina che i comici non possono fare informazione perché non sono informati. Lui, essendo giornalista, lo è. Lei invece “dà per ovvii dei fatti non veri”: infatti l’Italia è stata declassata per un “unico e solo motivo: non per Santoro, Biagi, Luttazzi o te”, ma per “l’arresto di Lino Jannuzzi” e “in nessun paese civile si arresta un giornalista” Quella pericolosa comica della figlia ha “presentato come effetto del governo berlusconiano liberticida e censorio la persecuzione del più grande maestro del giornalismo italiano (che sarebbe Jannuzzi, ndr). Vedi che cosa succede se si fanno pasticci fra i generi?”. Paolo Guzzanti, che per evitare pasticci fra i generi fa sia il condirettore del Giornale sia il senatore, considera gli Usa un paese incivile, visto che una giornalista è stata arrestata per non aver rivelato una fonte. Ma restiamo al punto. Un altro giornalista, per definizione molto informato, è Vespa: “E’ fantastico scoprire che siamo finiti al 77° posto per la pena carceraria inflitta a due giornalisti: uno è ... il senatore Jannuzzi. La condanna di un amico di Berlusconi per aver parlato male dei nemici di Berlusconi è costata una sanzione all’Italia in quanto troppo berlusconiana. Quando ha scoperto che Jannuzzi è stato graziato, una delle autrici del rapporto sull’Italia ha detto al Giornale che adesso, sì, la nostra stampa tornerà a essere considerata libera”. Forse l’insetto non sa che Jannuzzi è stato condannato ai domiciliari per aver diffamato i giudici di Tortora, Ma restiamo al punto. Ecco dunque l’informatissimo Jannuzzi: “L’Italia è parzialmente libera non per Biagi e Santoro, che la Freedom House ignora del tutto, ma perché è stato arrestato per le sue critiche ai magistrati un senatore”. Che poi sarebbe lui. Possiamo forse dubitare di tre maestri del giornalismo come Guzzanti, Vespa e Jannuzzi? Certo che no. Mica sono comici: sono giornalisti che non fanno pasticci fra i generi. Figurarsi se si lasciano cogliere impreparati su Freedom House, che è la Casa delle Libertà americana.

C’è però un problemino di date. L’Italia passa da libera a semilibera, dal 53° al 74° posto, nel rapporto di Freedom House pubblicato il 28 aprile 2004 (relativo aI 2003). L’arresto di Jannuzzi viene disposto (peraltro a domicilio e solo di notte quasi tre mesi dopo: il 19 luglio 2004. Come può un fatto avvenuto dopo averne provocato uno accaduto prima? Infatti i motivi della retrocessione, riportati nel comunicato ufficiale di F.H. del 28 aprile 2004, non nominano Jannuzzi. Nominano Berlusconi: “Il premier Silvio Berlusconi è riuscito a esercitare un’indebita influenza sulla tv pubblica Rai, un fatto che ha ulteriormente esacerbato un già preoccupante clima mediatico caratterizzato da un‘estensione squilibrata dell’enorme impero mediatico di Berlusconi”. Parole di Karin Deutch Karlekar, la funzionaria che secondo Vespa si appresterebbe a riabilitare l’Italia, ora che Jannuzzi è stato graziato. Il rapporto cita poi le pressioni berlusconiane
sul Corriere della sera, la Gasparri-I e il decreto salva-Rete4. Il caso Jannuzzi compare in tre righe del rapporto del 27 aprile 2005, in cui l’Italia rimane “semilibera“e scivola dal 74° al 77° posto. Non certo soltanto per Jannuzzi, visto che Freedom House cita ben più diffusamente il monopolio di Berlusconi, le pressioni su Rai e giornali, la Gasparri-2, il salvataggio di Rete4 e l’esistenza di “2 giornali nazionali 8 controllati dal premier e famiglia” (e dimentica Panorama). Non sono documenti clandestini: sono reperibili sul sito di Freedom House e non solo. Celentano e Sabina li hanno letti. Guzzanti (padre), Vespa e Jannuzzi no: non sono mica showman, loro. Sono giornalisti: devono informare, loro. Mica informarsi.






INES TABUSSO