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CORRIERE DELLA SERA
27 settemmbre 2005
GIAN ANTONIO STELLA
Parlamento, la Lega fa lo scambio di coppie
Ballaman e Balocchi si assumono le mogli

Ognuno ha assunto in ufficio, a spese dello Stato e quindi di noi cittadini,
la moglie dell'altro. Una bella pensata che, aggirando gli stucchevoli paletti
di una legge bigotta contro il familismo, apre nuovi orizzonti al mantenimento
di figli e cugini, generi e cognati, zie e concubine. Senza più il fastidioso
ingombro di provvedere al vitto e alloggio dei propri cari, comodamente collocati
a carico delle pubbliche casse. I protagonisti della nostra storia, che pare
fosse nota a un mucchio di addetti ai lavori rigorosamente omertosi ma non
ai cittadini, sono Maurizio Balocchi ed Edouard Ballaman. Due personaggi
piuttosto noti.
Il primo è sottosegretario agli Interni, il secondo questore della Camera.
Il primo, un genovese di nascita fiorentina, è stato il fondatore dell'Associazione
italiana amministratori di condomini, è parlamentare dal 1992 e della Lega
è stato il segretario amministrativo.
Il secondo, nato in Svizzera ma cresciuto a Pordenone, è un commercialista
finito spesso sui giornali. Prima per aver dato fuoco in diretta tivù al
concordato fiscale del governo Dini. Poi per aver battuto Vittorio Sgarbi
nell'uninominale anche grazie a volantini in cui invitava i cattolici a votare
per lui (insegnante in una scuola salesiana) e non per gli avversari giacché
uno era «comunista» e l'altro un «noto libertino frequentatore di pornostar».
Quindi per aver proposto per due volte l'abolizione del «made in Italy» da
sostituire al Nord con «made in Padania». Per non dire delle sparate sul
diritto di Pordenone a diventare una provincia autonoma o di un'intervista
al «Sole delle Alpi» dove alla domanda su cosa detestava rispondeva: «Il
tricolore».
Amici da anni, i due hanno vissuto insieme almeno tre avventure finanziarie.
La prima fu la tentata speculazione immobiliare leghista a Punta Salvore,
in Istria, che vide come progettista il futuro presidente del consiglio regionale
veneto Enrico Cavaliere e come investitori nella «Ceit srl» un sacco di esponenti
del Carroccio, a partire dalla moglie di Umberto Bossi: un'operazione disastrosa,
finita con la sparizione di due miliardi, il fallimento e la decisione del
pm Paolo Luca di contestare all'intero consiglio di amministrazione la bancarotta
fraudolenta e il falso, «per aver segnato sui libri contabili della società
che le quote ammontavano a cento mila lire, quando in realtà le azioni costavano
dai quaranta milioni in su».
La seconda fu la fondazione, ancora con soci leghisti come Stefano Stefani
e il solito Enrico Cavaliere, della società «Santex» per gestire il casinò
dell'Hotel Istria di Pola. Una vicenda chiusa con la vendita delle quote.
A chi? Giuseppe Ragogna e Stefano Polzot, nel libro «L'aquila tradita», scrivono
che «secondo alcuni periodici croati sarebbero state cedute a Moshe Leichner
e al figlio Zvi, due americani di origine israeliana arrestati a Los Angeles
per una presunta truffa valutaria da 77 milioni di dollari ai danni di un
centinaio di risparmiatori».
La terza avventura fu quella delle sale Bingo. Maurizio Balocchi puntò sulla
«Bingonet», della quale era amministratore unico e azionista di maggioranza.
Il secondo, allora vicepresidente della commissione Finanze, sulla «Cristallina»,
una sua creatura che riuscì a ottenere la concessione di quattro sale: a
Pordenone, Treviso, Belluno e Trieste. «Che male c'è?», rispose a chi sollevava
perplessità. E spiegò: «Quando ho saputo che gli imprenditori romani volevano
venire qui a far soldi mi sono attivato affinché la gestione fosse targata
Destra Tagliamento». Finì malissimo. Fallì la «Bingonet», nonostante lo sconcertante
prestito avuto dalla padana «Credieuronord», la banca di cui Balocchi era
consigliere d'amministrazione (!) e i cui soci, piccoli risparmiatori leghisti
rovinati, deliberarono «un'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori
e dei direttori generali per il risarcimento dei danni». E fallì, anche qui
con uno strascico di denunce di soci che si ritenevano truffati, pure la
«Cristallina». La quale, nata con un capitale di 20 milioni di lire, aveva
puntato a rastrellare 14 miliardi e distribuito quote per oltre 4. Ma tra
tante disavventure, almeno un'idea è stata per entrambi un affare. Quella
che i due ebbero subito dopo la vittoria elettorale del 13 maggio 2001, quando
la possente ondata liberale e liberista avrebbe dovuto spazzare il vecchio
sistema clientelare del passato: perché non fare cambio delle mogli? Professionalmente,
si capisce. E così, detto fatto, alla metà di giugno il neosottosegretario
agli Interni Maurizio Balocchi prese come collaboratrice Tiziana Vivian,
da quattro anni signora Ballaman. E contemporaneamente, la stessa settimana,
il neoquestore della Camera Edouard Ballaman arruolò nel suo ufficio a Montecitorio
la signora Laura Pace, cioè la nuova compagna che a Balocchi, separato dalla
prima moglie, avrebbe di lì a poco dato un figlio di nome Riccardo.
Dicono ora, nel piccolo mondo della politica, che erano in tanti a sapere.
Come in tanti sapevano della scelta del sottosegretario azzurro alla sanità
Elisabetta Casellati di assumere come capo della segreteria sua figlia. O
del figlio Riccardo e del fratello Franco di Umberto Bossi mandati a fare
i consiglieri a Bruxelles e fatti rientrare solo dopo lo scoppio dello scandalo.
E in tanti ammiccano che insomma, i casi di «aiutini» tra parenti di questa
Seconda Repubblica che avrebbe dovuto chiudere con le antiche botteghe familiste,
sono diversi. E alludono a chi ha imbarcato mogli e chi cugini, chi cognati
e chi amanti e insomma «è sempre andata così». Ecco: fosse davvero così,
sarebbe bello se per una volta, a destra o a sinistra, qualcuno facesse «outing»
prima di essere scoperto. Ma c'è da sperarci?

Gian Antonio Stella


INES TABUSSO