Torna Loredana Berté: 'Faccio rock perché litigo ancora con la vita'

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francescoweb
00sabato 10 settembre 2005 12:03
Niente trucco e niente inganno, quando c’è di mezzo la Berté. Non si tinge i capelli spruzzati di bianco, non nasconde le sue simpatie e antipatie (e nemmeno le belle gambe), manda all’aria le convenzioni della routine promozionale, va a ruota libera con la lingua (e al giornalista di turno può capitare di essere “interrogato” sul grado di preparazione rispetto al suo ultimo disco. Anche bacchettato, se le risposte non la soddisfano: manco fosse un alunno ripetente…). Un disco, questo “Babyberté”, che la cantante di Bagnara Calabra ha voluto accompagnare per mano al debutto autografando copie per i fan, dopo mezzanotte, presso le Messaggerie Musicali di Milano (“Sophia Loren l’ha fatto da Harrods, a Londra, per un libro di ricette. Perché io no?”, spiega); un album da lei fortissimamente voluto e autofinanziato con i soldi di Music Farm (“mi è costato 450 milioni di lire, copertina compresa, e un bel po’ in salute”), poi acchiappato al volo da una “joint venture” composta da Around The Music (l’etichetta olandese di Massimo Scolari che ha appena aperto un ufficio in Italia), Nar International e il distributore edel. “Fino a quando non ho incontrato loro, ad agosto, ho continuato a pensare che non sarebbe mai uscito”, racconta adesso Loredana. “Anche per questo si intitola ‘Babyberté’: ci ho messo 5 anni, a partorirlo. Ho scritto cinquanta pezzi, in tutto questo tempo. Molti li ho buttati via, quindici sono ancora nel cassetto”. Altri dieci, invece, hanno staccato il biglietto per il disco nuovo: molta autobiografia e poca fiction, sembra di capire. “Macché fiction. Qui è tutto vero, mica siamo a Centovetrine. Ho cantato dal vivo, tutto in diretta, arrabbiandomi con i musicisti quando sbagliavano il ritmo o gli accordi. Per questo ho messo i bpm sotto ai crediti di ogni pezzo, nel libretto. Chi li suonerà in tournée non avrà più la scusa per sbagliare tempo, e io mi risparmio la fatica di insegnarglielo”. Per adesso, però, l’unico show appuntato in calendario è un “evento speciale” in programma tra un mese al Teatro Smeraldo di Milano, con ripresa Tv e (parziale) via Internet.
Si diceva delle canzoni: tra queste c’è anche quella “Mufida” assai attesa dai fan e dedicata alla memoria della sorella Mia Martini (vedi News). L’immagine che la accompagna sul libretto del cd è quella di un gatto nero, vittima inerme di una superstizione dura a morire. “Ma l’hai visto il nuovo spot del Cepu? E’ uno scandalo, una vergogna. E’ profondamente diseducativo insistere sull’ignoranza e sulla superstizione della gente. La protezione animali dovrebbe denunciarli e fargli un culo così. Che c’entrano i gatti neri con la sfortuna? Sarà per questo che in giro non se ne trovano più… Persino le pie dame di carità quando ne vedono uno per strada si fanno il segno della croce! Ma stiamo scherzando? Questa storia non mi va proprio giù! Le signore bene di Roma e di Milano vanno da maghi e fattucchiere, e nei salotti si fanno le classifiche di chi porta più jella. Sembrano cazzate, e invece sono cose che ti rimangono addosso: mia sorella ci è morta, per questo”.
E gli altri pezzi nuovi? “Per me sono tutti fortissimi, tutti potenziali singoli. ‘Non mi pento’ l’hanno scelta i discografici perché da qualche parte bisognava pur cominciare, per lanciare il disco. Ma le altre non sono da meno. ‘Sto male’, per esempio, è esplosa dopo che ho risentito Youssou N’Dour e ho capito che quella era l’atmosfera che volevo. Asia (Argento) ha già girato tre video per me, in ‘Io ballo sola’ mi interpreta persino. ‘Notti senza luna’ l’ha voluta fare subito: come me, lei va matta per Baudelaire”. La voce della giovane attrice (e ora regista) affiora anche nei (veri) messaggi di segreteria telefonica che intervallano le canzoni, insieme a quelle di altri amici celebri: Renato Zero, Dori Ghezzi, Rosita Celentano… “Potrei farci dieci cd solo con quelli, e comunque sono legati alle canzoni, niente è messo lì a caso. Il pezzo di Renato (Zero), ‘Deliri a 45 giri’, arriva dopo il messaggio dei fan incazzati perché non gli dò il disco nuovo. E’ un demo che avevamo fatto a Fonopoli cinque o sei anni fa. Una dedica al vinile che non c’è più, con un’atmosfera solare anni ’60 e Lele Melotti che suona con le spazzole”. “Mercedes Benz”, per cui la Argento ha già girato un terzo video, non è quella di Janis Joplin, ma comunque un omaggio esplicito alla cantante texana. “Era grandissima, l’ho vista un paio di volte in America. Ma oggi i ragazzini non conoscono più nessuno. A Roma mi si sono avvicinati dei fan dicendomi che avevano appena scoperto i Beatles. Mi hanno fatto sentire proprio vecchia… In ‘Mercedes Benz’ me la prendo con Dio, e per me non è una novità. L’unica cosa in cui credo è lo sciopero dei treni”. Questo non le ha impedito di dedicare il disco a Padre Clemente, che si prodiga per i bisognosi dalla sede milanese della Fondazione Fratelli di San Francesco D’Assisi: “Ma lui è uno di frontiera, un frate atipico. Non predica, non ti fa la morale. Guarda all’uomo, non alla sua fede religiosa”.
Altri omaggi: nel suo disco più personale di sempre, la Berté ha voluto recuperare anche un classico De André (“Una storia sbagliata”, dal vivo nel marzo 2000) e “I ragazzi italiani” di Ron-Dalla-De Gregori. “Con Ron ho registrato anche ‘Una città per cantare’, sarà sul suo disco nuovo. E ‘I ragazzi italiani’ la canto da vent’anni, come canto ‘Il ghetto’ o ‘Coccodrilli bianchi’ di Radius e ‘Fiume Sand Creek’, l’ultima volta a Savona con Morgan. Non per vantarmi, ma negli anni ho messo insieme un gran repertorio. I miei concerti sono sempre come delle compilation di successi”.
La “cifra” più evidente del disco, però, resta marcatamente rock. E molto personale. “‘Sola come un cane’ parla delle mie estati in città, chiusa in gabbia e con l’amministratore che bussa alla porta per riscuotere i soldi. ‘Strade di fuoco’ dell’amore che dai sempre al tipo sbagliato. Dovevo sposarmi un avvocato, altro che un tennista!”. Le session, ammette, non sono state tutte rose e fiori… “Avevo le idee chiarissime sugli arrangiamenti, dopo essermi fatta i provini da sola in cantina. Quando sono arrivata in studio, ho fatto spegnere tutti quei computer e quei Pro Tools che fanno assomigliare i musicisti a tanti commercialisti. Ho dovuto cacciare un paio di fonici perché sembra che nessuno sappia più registrare in analogico. E i musicisti… non sono più abituati a suonare! Registrano otto battute e poi si fermano. Ma che fate, gli dicevo. Suonate ‘sti benedetti pezzi dall’inizio alla fine! Mi guardavano come una marziana, ma alla fine erano contenti anche loro, i ragazzini della mia nuova ‘Banda Bebè’…” E il rock? “Gli ho fatto capire che non è un’accozzaglia di suoni. E’ un modo di essere, di stare al mondo. Io con la vita ci litigo da quando avevo cinque anni e non ci ho ancora fatto pace”.
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