A volte la vita ci mette davanti alla sofferenza e al sacrificio. Ci si deve fare una ragione. Di cosa sto parlando? Dell’amore; dei grandi sentimenti; della passione che spinge una persona a proteggerne un’altra a scapito della sua stessa vita; della tenerezza profonda che induce un uomo a correre gravi pericoli, a rischiare la pelle per salvare l’esistenza della donna che ama. Non esiste amore senza dolore. È questa la realtà. Per una persona felice, ce ne sono almeno dieci che soffrono.
Studio Legale
Johnson&JohnsonAlla Cortese attenzione della Sig.na Sarah Lewis
Le informiamo che, come da richiesta del nostro cliente, il Sig. J. Lewis, Le inviamo in allegato una sua lettera. Ci scusiamo se solo ora Le è stata recapitata, ma era sotto sequestro come gli altri documenti inerenti alla sua famiglia.
Distinti saluti.
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Mi sarei aspettata tutto, tranne che ricevere dopo tanto tempo una sua lettera…una lettera di mio padre.
I ricordi ritornano quando meno te l’aspetti, carichi ancora degli stessi sentimenti d’allora. Riportano alla tua mente fatti che hai voluto cancellare, eventi che ancora ti fanno soffrire, persone care che, ormai, non sono più qui.
I ricordi fanno destare all’improvviso la tua memoria assopita, hai la sensazione di volare indietro nel tempo, ma senza riuscire a cogliere nessuna immagine perché è tutto troppo veloce, e ti fanno rivivere giorni interni che sembravano ormai lontani.
Quel giorno…quel giorno era uno dei tanti, noiosi e abitudinari.
I miei genitori erano come al solito fuori per lavoro e io dovevo badare alla mia sorellina, Luisa. Aveva lo stesso nome della mia nonna materna, di origine italiana, mentre io avevo quella della mia nonna paterna, una rigida dama inglese.
Ah i nonni! Alla fine sono cresciuta con loro.
Quel giorno…quel giorno litigai con i miei genitori al telefono.
Dissi loro che li odiavo. Dissi loro che mi avevano sempre trascurato. Dissi loro che non gli importava nulla di me. Dissi loro che, adesso, era a me che non importava più niente di loro.
Quel giorno…quel giorno mia sorella era più insistente che mai.
Ero così frustrata e infelice. Me la presi con lei che non c’entrava nulla. Le urlai di smetterla di comportarsi come se tutto dovesse ruotare intorno a lei, solo perché era la più piccola. Le tolsi da mano la bambola del suo cartone preferito e, facendola cadere a terra, gliela ruppi. Scoppiò in lacrime e andò via. Mi sentii così colpevole, ma in quel momento non me ne importò.
Quel giorno…quel giorno uscii di casa sbattendo la porta.
Andai alla mia ultima gara di arti marziali. Sfogai tutta la mia rabbia. Vinsi ed arrivai al primo posto, ma i miei genitori non c’erano. Ero sola, come in ogni gara.
Quel giorno…quel giorno vedere gli altri abbracciati dai loro genitori faceva più male.
Io avevo vinto il primo premio. Ero stata la più brava. Eppure non c’era nessuno che si congratulava con me. Non c’era nessuno che mi abbracciava e mi diceva “Brava! Siamo fieri di te!”. Non c’era nessuno che era felice per me. Ed io non ero felice per aver vinto, me ne andai soltanto a cambiarmi senza dire una parola.
Quel giorno…quel giorno volevo essere importante, volevo essere considerata.
Impegnandomi in tutto, non frignando mai volevo essere solo un po’ apprezzata. Volevo essere solo la figlia da cui ci si aspetta che faccia il proprio dovere, in quanto un giorno avrebbe avuto molte responsabilità, facendo parte di “quella” famiglia.
Quel giorno…quel giorno credevo che sarei tornata a casa come ogni volta.
Credevo d’aprire la porta, di tenere il broncio a mia madre, chiudermi in camera, e dopo un po’ far pace con tutti. Credevo di chiedere per l’ennesima volta un po’ del loro tempo. Ma il tempo ci è stato sottratto.
Quel giorno…quel giorno la mia vita cambiò.
Non fu mai più la stessa. Fu il più terribile che una persona, o meglio una ragazzina, potesse mai passare.
Quel giorno…quel giorno un uomo cercò di proteggere i propri cari.
Era mio padre. Cercò di proteggere mia madre e mia sorella con il suo corpo. Ma non ci riuscì. Tutti i suoi sforzi furono vani. Tre vite furono spezzate, e quattro furono divise per sempre.
Quel giorno…quel giorno parte della mia anima morì con loro.
Credevo di aver dimenticato quel giorno, ma se solo penso che uso il nome di mia sorella e non più il mio, è solo perché voglio restar attaccata ad un qualcosa che non c’è più.
Quel giorno…incontrai quell’uomo.
Fu colui che mi aiutò. Era un caro amico di vecchia data di mio padre. Ed è grazie a lui che io ora sono qui. E devo tutto a lui.
Da quel giorno, lontano ormai dieci anni, credevo che avrei dormito in eterno, avvolta in un involucro di ghiaccio trasparente che non si sarebbe mai sciolto. Avrei voluto anch’io riposare in pace, senza più dolore né sofferenza.
Ma è grazie a lui, a quell’uomo, che ho capito che la vita non è fatta di soli dolori e sofferenze. La vita è fatta soprattutto d’amore e d’amicizia. Vivere significa godere intensamente di ogni attimo. Vivere significa accettare sia le cose belle che quelle brutte. Io non ho paura di soffrire, perché so che la vita mi riserverà tanti momenti felici che trascorrerò in compagnia di chi mi vuole bene.
È per questo che ho capito che io non posso accettare l’amore incondizionato di una persona, non a costo del sacrificio della sua stessa vita. Se l’affetto e i sentimenti spingessero qualcuno a rischiare la vita per me, io non glielo permetterei. Cercherei di dissuaderlo perché siamo tutti uguali, abbiamo tutti lo stesso diritto alla vita. Sono sicura, invece, che esiste una soluzione alternativa al sacrificio, che la si può trovare con l’aiuto degli amici, ma che sarei pronta a fare in qualsiasi momento per proteggere le persone a me care, come fece mio padre.
continua...