L'amicizia è questione di oppiacei...

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koala3
00venerdì 25 novembre 2011 10:53
Fra tante ricerche strampalate, questa invece mi sembra serissima.
Ho sembpre trovato affascinante il meccanismo dei neurotrasmettitori.
D'altra parte, non credo ci fosse bisogno di partire da Facebook [SM=x74931]


Da Repubblica

LO STUDIO
L'amicizia è come una droga
la scoperta grazie a FacebookDue scienziati di Oxford hanno individuato, partendo dalle relazioni che si sviluppano sul social network, il neurotrasmettitore alla base dei legami amicali. Si tratta di un'oppioide simile a quelli che normalmente vengono considerati stupefacenti. E per questo a volte ne siamo dipendenti
di ELENA DUSI



È INTENSA, duratura e a differenza dell'amore non serve a propagare la specie. L'amicizia è fra le emozioni più tipicamente umane, pur non essendo sconosciuta ai primati. Eppure sembra che per dare impulso al suo studio ci volesse Facebook. Ecco allora che due antropologi dell'università di Oxford sono partiti alla scoperta dei meccanismi del cervello che ci spingono a passare ore con persone da cui probabilmente non riceveremo mai un aiuto concreto, né tantomeno avremo un figlio.

"C'è un meccanismo nel nostro cervello che è separato dagli stimoli sessuali o dal legame fra genitori e figli. Si occupa di facilitare e mantenere legami meno intensi ma più stabili" scrivono Robin Dunbar e Anna Machin sulla rivista di neuroscienze Behaviour. Il lubrificante delle nostre amicizie, secondo la coppia di ricercatori inglesi, è un neurotrasmettitore prodotto dai neuroni nel cervello che fa parte della famiglia degli "oppioidi endogeni". Si tratta di sostanze simili agli oppioidi che siamo abituati a considerare come stupefacenti. E dimostrano che degli amici, così come di una droga, gli uomini non possano fare a meno.

A somministrarci questo oppio naturale, capace di legarci agli altri anche per una vita intera, è la stessa evoluzione umana. Gli oppioidi endogeni (o endorfine) sono neurotrasmettitori che da quando gli uomini sono sulla Terra ci regalano uno stato di benessere o di euforia, ci fanno sentire bene dopo sport, danza o musica, ci spingono a vedere la vita in rosa, riducono gli ormoni dello stress e innalzano la soglia del dolore. "Sono la colla neurochimica - scrivono i ricercatori - che ci fa mantenere quei complessi legami sociali che vanno al di là dell'accoppiamento e della cura dei piccoli".

Anche quando Facebook si trasforma in una perdita di tempo, gli antropologi inglesi ci avvertono che di fronte a un computer 800 milioni di persone in tutto il mondo stanno vivendo "quella relazione speciale che negli uomini e non negli altri primati raggiunge livelli unici di intensità emotiva e cognitiva".

E se la danza di ormoni come ossitocina, vasopressina, dopamina e serotonina - responsabili di attrazione erotica, gelosia, senso di maternità e paternità - è stata studiata in ogni suo passo, Dunbar e Machin lamentano che l'amicizia e il suo collante fatto di endorfine siano state relegate a un ruolo di secondo piano sul palcoscenico delle nostre relazioni sociali.

Gli oppioidi endogeni, scoperti negli anni '70, sono infatti difficili da studiare e hanno il difetto di non poter essere somministrati per scopi sperimentali: in quanto sostanze stupefacenti, causerebbero dipendenza.

Se fin dalla loro scoperta le endorfine sono state studiate in relazione all'attaccamento per le persone amate, è proprio perché, ricorda lo studio, "fin da subito apparve chiara la somiglianza fra le relazioni romantiche e il comportamento dei consumatori di droghe a base di oppioidi". Chi vive in solitudine ha livelli bassi del "neurotrasmettitore dell'amicizia" e cerca il contatto con gli altri in vista di quella leggera euforia che una serata con gli amici rilascia come scia.

Proprio Dunbar, negli anni '90, è stato il padre della teoria del "cervello sociale" secondo cui è grazie alla propensione a formare legami di amicizia e collaborazione che l'uomo ha sviluppato la sua corteccia cerebrale, la parte più evoluta del cervello. E oggi, sull'onda dell'interesse per Facebook, l'antropologo inglese ha sviluppato un altro corollario: l'amicizia è un'emozione talmente preziosa che non può essere estesa a più di 150 persone.

Senza social network, un individuo dedica il 40 per cento del suo tempo riservato alle "pubbliche relazioni" a soli 5 amici. Con Facebook il collo di bottiglia del tempo libero si è allargato, ma il nostro "capitale emotivo" non è senza limiti. Oltre i 150 amici sono infatti le basi neurochimiche della nostra socialità a iniziare a prosciugarsi.

(25 novembre 2011)
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