In fantascienza dieci per dieci fa novantacinque

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Juan Galvez
00giovedì 17 dicembre 2020 22:28
Il termine science fiction, allora declinato scientifiction, fu inventato nel 1926 su una rivistaccia pulp, cioè ultrapopolare: Amazing Stories.

Quello che va chiudendosi con la fine di questo disgraziato - distopico, dunque fantascientifico - 2020 è perciò il decimo decennio da che esiste il termine; e per la precisione, sono nove decenni e mezzo, novantacinque anni.

Forse per "genetica", essendo nata su rivista, un contenitore apposito per racconti e novelle, da sempre e ancora oggi la science fiction "di genere" dà spesso il vero meglio di sé sulla lunghezza appunto della novella o del racconto, che davvero sono assai di sovente i format migliori, più adatti per le sue esigenze espressive.

Quella che segue è una personalissima lista di consigli di lettura, formata quindi da due novelle o racconti per ciascuno di questi nove decenni e mezzo di vita della science fiction. Non sono necessariamente i migliori, e in almeno un paio di casi non sono neppure particolarmente buoni, ma sono significativi del proprio periodo, e dell'evoluzione progressiva del "genere". Per questa lista avrei potuto farne altre dieci, sicuramente, con tutti autori diversi, altrettanto rappresentative. La reperibilità delle opere è la più varia, una non è ancora stata tradotta in italiano.

1920, 1921: "The Mad Planet"; "The Red Dust" – Murray Leinster (in “Il Pianeta dimenticato”)
1928: “The crashing suns” – Edmond Hamilton (Soli che si scontrano)
1934: "A Martian Odyssey" – Stanley G. Weinbaum (Un’odissea marziana)
1940: “Requiem” – Robert A. Heinlein (Requiem)
1941: "Nightfall" - Isaac Asimov (Notturno/Cade la notte)
1946: “Vintage season” – Catherine L. Moore, forse con Henry Kuttner (La grande vendemmia/altri titoli)
1955: "A Ticket to Tranai" – Robert Sheckley (Un biglietto per Tranai)
1958: “The big front yard” – Clifford D. Simak (L’aia grande/altri titoli)
1966: “Behold the Man” – Michael Moorcock (Ecce Homo)
1967: "I Have No Mouth, and I Must Scream" – Harlan Ellison (Non ho bocca, e devo urlare)
1973: "The Ones Who Walk Away from Omelas" – Ursula K. Le Guin (Quelli che si allontanano da Omelas)
1974: “A Song for Lya” – George R.R. Martin (Una canzone per Lya)
1986: “Fire zone Emerald” – Lucius Shepard (Zona di fuoco Smeraldo)
1988: “Running Wild” – James G. Ballard (Un gioco da bambini)
1993: “A Coney Island of the mind” – Maureen F. McHugh (Coney Island della mente)
1995: “Wonders of the Invisible Worlds” – Patricia A. McKillip (Meraviglie dell’invisibile)
2001: "Glacial" – Alastair Reynolds (Glaciale)
2003: “In Fading Suns and Dying Moons” – John Varley (Soli offuscati, lune morenti)
2019: “Omphalos” – Ted Chiang (Omphalos)
2019: “Emergency skin” – Nora K. Jemisin (non tradotto)
rimatt1
10venerdì 18 dicembre 2020 09:45
Re:
Juan Galvez, 17/12/2020 22:28:


2019: “Omphalos” – Ted Chiang (Omphalos)



Toh, questo l'ho letto non più tardi di una decina di giorni fa!
Sashimi
00venerdì 18 dicembre 2020 22:56
Juan Galvez, 12/17/2020 10:28 PM:


1940: “Requiem” – Robert A. Heinlein (Requiem)



Letto giusto qualche giorno fa, assieme al suo prequel (ma scritto 10 anni dopo) "L'uomo che vendette la luna." Entrambi sul n.7 della rivista Robot, che sto pian piano collezionando.

Con qualche ingenuità, inevitabilmente, ma entrambi molto belli. H. si legge davvero in un soffio e già negli anni '40 scriveva dei dialoghi praticamente perfetti, ritmatissimi, adattabili allo schermo con poco sforzo.

E certo che era proprio in fissa con il biondo satellite :D
Nella Severa Maestra, che è molto più tardo, ci sono le stesse città lunari di cui si accenna appena nel dittico. Un luna-verso heinleiniano, che immagino coinvolga altri racconti e novelle.

Sash


Juan Galvez
00sabato 19 dicembre 2020 00:32
Re:
Sashimi, 18/12/2020 22:56:




E certo che era proprio in fissa con il biondo satellite :D
Nella Severa Maestra, che è molto più tardo, ci sono le stesse città lunari di cui si accenna appena nel dittico. Un luna-verso heinleiniano, che immagino coinvolga altri racconti e novelle.

Sash



E' con RAH che nasce il concetto di Future History.

Forse ai nostri occhi, oggi, può esservi qualche ingenuità in quei racconti, ma è soprattutto perché gli autori successivi hanno avuto Heinlein e una manciata d'altri a far loro da modelli e apripista.


Sashimi
00sabato 19 dicembre 2020 01:48
Yes, chioso: ingenuità a posteriori, perché la conquista della luna è poi diventata un fatto reale (oh well, diamolo per buono [SM=x74933] ) e dunque ne conosciamo i minimi dettagli e possiamo giocare a "qui ci ha preso, qui ci è andato vicino, qui proprio no".

(HEAVY SPOILERs da qui, Charlie Moon)

Quando Heinlein ne scriveva mancavano all'allunaggio ancora 29 anni nel caso di Requiem e 19 nel caso di L'uomo che vendette la luna. RAH aveva un approccio documentato e realistico e molto di quel che scrive mostra una sorpendente plausibilità tecnica, sia dove inventa basandosi su dati e tecnologie reali sia dove interpola maggiormente con l'immaginazione. Anche il lato imprenditoriale/aynrandiano, nel 1950, è assolutamente sul pezzo. E anticipa clamorosamente l'approccio corporate allo spazio: DD Harriman è Elon Musk, Richard Branson e Jeff Bezos con settant'anni d'anticipo (e una tempra morale ben diversa, nonostante il capitalismo rampante).

Quel che "fa ingenuo" nel quadro d'insieme sono alcuni dettagli pratici, tipo che dal primo tentativo dai costi gigantesci si passi nel giro di qualche decennio a viaggi frequentissimi gestibili anche da... due persone, un pilota e un meccanico un po' sgarrupato (me lo immaginavo con la chiave inglese e sporco di grasso à la Scotty).

Sembra ingenuo perché sappiamo che nella realtà non è andata così, e questo influisce, ma in questo caso anche perché sembra (a me) un salto troppo forte rispetto alle premesse tecniche ed economiche poste: certo, RAH aveva in mente l'analogia con il volo aereo, che ebbe uno sviluppo incredibilmente rapido, e si aspettava altrettanto per lo spazio vicino.

Oppure, fa sorridere vedere capitani d'industria che stanno per realizzare un'impresa storica preoccuparsi di organizzare anche una mezza truffa con una valigia di francobolli [SM=x74932] (qui invece Heinlein aveva colto perfettamante il lato pubblicitario/propagandistico, i club dei piccoli astronauti che mandano il dollaro, eccetera, tutte cose che ci sono state davvero). Fa sorridere ma come scena è assolutamente godibile, sia chiaro.

O ancora, non c'è nessuna quarantena e l'astronauta pioniere appena sbarcato viene assalito dai reporter, che però sembrano volergli rompere le scatole solo sui diamanti che trovano ficcanasando all'interno della navicella (altro tentativo di truffa [SM=x74971] ma funzionale al discorso, questo sì assolutamente realistico, su quali conseguenze economiche avrebbe una luna ricca di giacimenti preziosi).

Cose così, sparse, che non diminuiscono il valore dell'opera e il piacere della lettura.

Sash
Juan Galvez
00sabato 19 dicembre 2020 06:55
Ottima disamina mon Sash! Analisi che, incidentalmente, coglie il senso essenziale della narrativa speculativa: analizzare il comportamento individuale e sociale alla luce dei cambiamenti, prossimi o remoti. E di conseguenza, quei medesimi comportamenti all'atto della contemporaneità. Accidentalmente, tali comportamenti seguono invariabilmente schemi consolidati e ripetitivi.
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