Dodici giri per dodici mesi...

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-Emiliano-
00martedì 16 novembre 2010 11:17
Ecco che torno a raccontare "a tappe" la mia splendida annata ciclistica con una nuova "classifica".
Questa volta elencherò i dodici percorsi che mi hanno entusiasmato di più nel 2010.

Posso assicurarvi che non è stato facile fare una selezione, tant'è che sono rimasti esclusi alcuni percorsi ed alcune gite splendide...
Nella classifica ho cercato di scegliere le "gite" che, per i posti attraversati (sapete che prediligo Montagne e Ghiacciai), per il meteo incontrato (eh beh...), per le particolari condizioni ambientali (traffico o compagnia) o per l'originalità del percorso (tutti i giri sono nuovi/inediti ed alcuni addirittura di mia invenzione!) mi hanno "emozionato" di più.
Non sono i giri più belli in assoluto: mancano alcuni "mostri sacri" (Bi-Stelvio, Susa-Susa) ed addirittura tutte le mie salite preferite (Gornergrat, Mannlichen, Susten, Nivolet). Però sono i dodici giri che, son sicuro, mi ricorderanno maggiormente questo mio 2010!

Spero, con queste dodici nuove recensioni, di dar spunto ad altri del forum per vivere altrettante spelndide giornate!

Emiliano
-Emiliano-
00lunedì 22 novembre 2010 22:26
Pronti?!...

Prima di partire col racconto vero e proprio una doverosa premessa.
Comincio ovviamente dalla dodicesima posizione: ma non crediate che questo sia l’ultimo dei miei giri preferiti! Nel 2010 ho affrontato circa una trentina di percorsi di Alta Montagna a spasso per le Alpi: rientrare tra i primi dodici è un privilegio concesso veramente SOLO a giri splendidi ed emozionanti.
Come ho già scritto mancheranno alcuni “mostri sacri”, ma posso assicurarvi che nella carrellata seguente molti percorsi saranno assolutamente inediti e vi (spero) daranno spunto per “ampliare i vostri orizzonti ciclistici”.
Con un unico “difetto”: solo tre dei giri descritti sono dedicati alla BdC...

Emiliano
-Emiliano-
00lunedì 22 novembre 2010 23:01
Giro degli Scheidegg. Oberland Bernese, Svizzera. MTB (cross country)

117km con 3.200m di dislivello – altezza massima 2277m slm. 21 agosto 2010.



Perché?...

Dopo questa premessa eccomi partire con questa mia carrellata dal “Giro degli Scheidegg”!
Ideato a tavolino alcuni anni or sono, ho dovuto aspettare la mia prima MTB prima di metterlo in pratica: attesa ampiamente ripagata da panorami e meteo indimenticabili e dalla soddisfazione di avere “inventato” uno dei più bei giri ad anello sterrati di “media montagna” che possano offrire le Alpi Nordoccidentali.
In verità, nel 2010, la mia avventura è andata un po’ “a singhiozzo”, ed ho effettuato alcune deviazioni fotociclistiche ed alcuni tagli al tracciato ideale che non mi hanno fatto apprezzare appieno il percorso – che senz’altro riproporrò l’anno prossimo in versione integrale (ho indicato in verde, nella cartina, il mio tracciato ideale).
Ed in verità, nel 2010, la grande emozione è stata data da una sola semplice salita; quella al Kleine Scheidegg: il Grosse già lo conoscevo, mentre la deviazione trekking al lago di Bachalp mi ha notevolmente deluso. Ma, ragazzi!, affrontare per la prima volta il Kleine Scheidegg in contemporanea alla massacrante gara di “super-triathlon” Inferno è una delle avventure di quest’annata che non mi dimenticherò mai!
Una delle più emozionanti salite-discese di tutto il 2010 (...e posso assicurarvi che ne ho fatte, di Grandi Salite, quest’anno!...).

Breve descrizione del percorso:



Partenza da Innerkirchen ed all’alba risalgo le prime rampe dell’Aareschlut in direzione nord per avvicinarmi all’attacco del “mitico” Grosse Scheidegg, il valico “under duemilametri” più bello dell’Arco Alpino occidentale (escludo quindi le Dolomiti, che non conosco).
L’idea era quella di rientrare, nel pomeriggio, per il versante orientale e sterrato di questo balzo roccioso che dà origine alle fantastiche gole dell’Aare (altrimenti visibili solo a pagamento, mannaggia a ’sti svizzeri!...); purtroppo i ritardi accumulati in mattinata mi faranno rimandare di un anno la deviazione in questione (deviazione che dovrebbe, nel mio immaginario, concludere degnamente questo splendido anello).



In pochi minuti arriviamo all’attacco del Grosse Scheidegg, salita semplicemente superba: poco celebrata rispetto ad altre – perché non elevatissima e priva di “Storia Ciclistica” – è quasi impareggiabile per panorami; una salita molto “valdostana” che ha l’enorme pregio di un traffico quasi assente (la salita è infatti vietata alle auto, su entrambi i versanti, fin da quota 1400m slm).
Pur conoscendo il valico, ed ogni metro dell’altopiano che si apre raggiuntolo, è sempre emozionante pedalare lungo le sue rampe.
Il suo inizio è subito impegnativo: i primi chilometri sono immersi nel bosco, con poche ma ragguardevoli vedute sulla piana di Meiringen ed il versante meridionale del Brunigpass, mentre la pendenza si assesta sul 10%. Si supera così il balzo roccioso che dà origine alle celeberrime cascate del Reichenbach (credo che con una breve deviazione a piedi, peraltro mai fatta, si possa andare ad ammirarle...).



Quando, dopo un tornante, cominciamo a vedere la sagoma del Wetterhorn e del Ghiacciaio di Rosenlaui, possiamo considerare terminare questa prima parte di fatiche: un falsopiano lungo un paio di chilometri ci condurrà difatti fino a Schwarzwaldalp, mentre il vallone che stiamo percorrendo si aprirà sempre di più in un panorama grandioso tra alberi, rocce, ghiacciai scintillanti e prati lussureggianti.
Dal piccolo centro abitato il traffico, già di per sé scarso, si azzera ed inizia uno dei tratti pedalati più emozionanti dell’intero Arco Alpino! Io amo questo genere di salite: aperte e con ampie vedute sulle montagne (e che montagne: qui sfiorerete il Wetterhorn come poche volte avrete sfiorato altre vette...), pendenze “importanti”, stradine strette e sinuose che s’intrufolano tra i prati quasi in simbiosi con la Natura, traffico scarso e qualche mucca a tenermi compagnia. Queste sono le salite “da Emiliano”!



Cinquecentrometri di dislivello che “divoro” sempre con fatica e sudore (alcune rampe superano il 15% e la pendenza media è poco inferiore al 10%) e che, ogni volta, vorrei non finissero mai.
Ed effettivamente, giunti sul Grosse Scheidegg e commossi dall’emozionante veduta sulla conca di Grindelwald – con Eiger e Mannlichen a fargli da cornice – un modo per prolungare questo idillio “cicloalpino” esiste...



I più frettolosi difatti posso scendere seguendo l’asfalto e, sfiorando l’imponente parete nord del Wetterhorn, giungere in 10km al fondovalle – mentre, per gustare appieno la conquista ciclistica, consiglio vivamente di seguire la traccia GPS, quantomeno fino a Grindel Alp se non addirittura a Grindelwald First, percorrendo il tratto in costa che, valicando al quadrivio di Grat Scharem (2000m slm), vi garantirà indimenticabili panorami su buona parte dei Quattromilametri Bernesi.
Diverse le possibilità di scendere a valle lungo questa sorta di “Panoramica di Grindelwald”, parzialmente sterrata ma tranquillamente percorribile anche con la Specialissima: potrete scegliere tra l’asfalto, tranquille e larghe sterrate oppure single trek emozionanti!



Nonostante la traccia in allegato arrivi fino al Balchsee, splendido specchio d’acqua incastonato tra queste incredibili Montagne, sconsiglio di seguirla fino in fondo: il tratto da Grindelwald First è vietato alle bici, e la distanza da percorrere a piedi (6km tra andata e ritorno) non sarà ripagata da panorami così “indimenticabili”.



Salutata quindi Grindelwald First conviene portarsi immediatamente a valle lungo una delle due carrozzabili dalle pendenze improponibili che vi faranno piombare in pochi minuti nel caotico centro del Capoluogo.



Dal centro di Grindelwald vi attendono poche decine di metri di pianura, dopodiché la strada tornerà ad impennarsi violentemente e, con pendenze a due cifre, vi porta a raggiungere per prima la frazione di Wargistal.



State percorrendo il “Kleine Scheidegg”, il vero piatto forte della giornata, che può essere a ragione considerata la “salita dell’Eiger”: salita che pare immedesimarsi con una delle Montagne più tristemente celebri delle Alpi, arrivando in più punti a sfiorare lo stesso Eigertrail (il percorso trekking, intorno a quota 2000m slm, alla base della parete nord del Colosso alpino).
In Internet ho trovato poche, pochissime recensioni in italiano sul Kleine Scheidegg “ciclistico” e sono qui pronto a smentire le leggende che lo avvolgono:
- la salita è dura ma mai proibitiva (d’altrocanto qui a Grindelwald i tornanti sono un optional e le pendenze oltre il 20% non così rare);
- l’asfalto ci accompagna fino a circa 1500m slm, dopodiché si alternano tratti sterrati ad un asfalto malandato; la ciclabilità rimane comunque totale anche con gomme semislick;
- la pendenza massima NON supera il 25%;
- esiste un solo tratto non ciclabile (forse aggirabile con una deviazione però chiusa al traffico, anche ciclistico), lungo un centinaio di metri, poco prima della vetta.



Per il resto, aggiungo solo che esistono due varianti della salita, che si dividono a quota 1400m per poi ricongiungersi intorno ai 1800m slm.
Non mi resta che far parlare altre immagini, ricordando che io ho percorso lo Scheidegg in contemporanea alla GranFondo “Inferno” (nome ampiamente giustificato dal percorso della stessa...).



Dal piazzale d’arrivo del Kleine Scheidegg, partono due splendide sterrate che senz’altro ispezionerò l’anno prossimo: una conduce, in direzione nord, a Mannlichen (pare tutta ciclabile); l’altra verso sud, porta fino alla stazione di Eigergletscher (ma qui sembra che le pendenze siano eccessive...).
Lo spettacolo non è però ancora finito: ci troviamo difatti nel mezzo di una dei pochi duemilametri che ho affrontato quest’estate la cui discesa mi ha esaltato quanto la salita!
Se la salita offre infatti panorami di prim’ordine su Wetterhorn, Eiger e la conca di Grindelwald (chi è stato a Mannlichen, la salita gemella, può capirmi...), la discesa mozzafiato ne regalerà altrettanti sulla Triade, il Jungfraujoch e l’incantevole vallata di Lauterbrunnen.
Discesa che sostanzialmente si può dividere in tre parti.
La prima parte si snoda su una larga strada bianca dal fondo perfetto che, con ampi tornanti, vi porta verso la Lauterbrunnental: questo tratto è uno dei più panoramici dell’intera giornata e sarete costretti a limitare la velocità per ammirare al meglio tutto quanto vi circonderà!



La seconda parte comincia quando il tracciato volge decisamente a settentrione: si tratta di un lungo traverso che si affaccia sulla vallata di Lauterbrunnen e nel quale si susseguono splendidi scorci sulle vette e le cascate che la caratterizzano. Il tutto mentre in lontananza Wengen (rinomata stazione sciistica non raggiunta da alcuna strada) si avvicina sempre più.



L’ultima parte comincia proprio da Wengen e consiste in un single trek nel bosco contraddistinto da una serie innumerevoli di splendidi tornantini, tecnici “al punto giusto”: il più emozionante tratto “guidato” in discesa che ho finora percorso con la MTB!



Giunti così a Lauterbrunnen possiamo considerare sostanzialmente conclusa la parte migliore della nostra giornata: i restanti 50km, dopo aver ammirato spettacoli come quelli visti in mattinata, diventano un semplice trasferimento verso Innertkirchen.
Trasferimento che però, se sceglierete il versante sud del Brienzersee (da me scartato in quanto in ritardo), riuscirà a “farvi divertire” ancora un po’!



Avrete la possibilità di attraversare splendidi e caratteristici paesini, di avventurarvi lungo una splendida ciclabile vietata al traffico e di ammirare le cascate del Geissbach in tutta la loro imponenza.



Insomma: una degna conclusione per una splendida giornata in mountain bike!


In definitiva...

Anello stupendo: probabilmente l’anello su strade bianche ed asfalto di “Media Montagna” (intendo con salite non altissime e con sterrate facili facili) più bello ch’io abbia mai percorso; specie se completato col rientro sterrato lungo il versante sud del Brienzer See e le Gole dell’Aare.
A prescindere dall’emozionante contemporanea con l’”Inferno” che ha caratterizzato la mia splendida gita di fine luglio, questo percorso è semplice ed alla portata di tutti i salitomani e vi garantirà una serie di panorami e scenari tanto vari come pochi altri!
Uno dei percorsi migliori per conoscere la “vera” Svizzera, quella ricca di ghiacciai splendenti e prati lussureggianti.


Panoramiche

Kleine Scheidegg

Bachsee

Emiliano
fricius
00lunedì 22 novembre 2010 23:25
e se questa è la 12a... chissà cosa ci aspetta! [SM=g28002]
CaSe63
00lunedì 22 novembre 2010 23:35
Concordo con Fricius! Sono già senza aggettivi...
taglia78
00martedì 23 novembre 2010 12:38
Giro meraviglioso e, come sempre, descritto nei minimi dettagli.

Per chi non ha la mtb non tutto è da buttare, anzi. Mannlichen al posto del Kleine Scheidegg e viene fuori un itinerario da specialissima con i fiocchi. Io l'ho percorso quest'estate (in senso contrario) dopo aver scoperto quella zona grazie al forum.
-Emiliano-
00martedì 23 novembre 2010 13:26
Re: taglia78
taglia78, 23/11/2010 12.38:

Per chi non ha la mtb non tutto è da buttare, anzi. Mannlichen al posto del Kleine Scheidegg e viene fuori un itinerario da specialissima con i fiocchi. Io l'ho percorso quest'estate (in senso contrario) dopo aver scoperto quella zona grazie al forum.


Il giro è al dodicesimo posto solo perché quest'anno l'ho parzialmente ridotto e la maggior parte dei posti già li conoscevo.
Però, in assoluto, è uno dei più belli che possa offrire la Svizzera.

Spero tanto che proprio taglia78 possa farlo l'anno prossimo: il tuo giro io l'ho fatto identico a metà ottobre e ti posso assicurare che se ti ha entusiasmato Mannlichen, resterai senza parole sul Kleine Scheidegg!

Emiliano

PS: avevo dimenticato di allegare la traccia GPS (penso possa risultare utile). Eccola qui!
CiclistaperCaso@
00martedì 23 novembre 2010 16:04
Re:
CaSe63, 22/11/2010 23.35:

Concordo con Fricius! Sono già senza aggettivi...




Io mi faccio carico di scrivere allo Zingarelli, allo Zanichelli e al mitico Devoto Oli ... in caso contrario già con l'11-ma posizione saremo a corto di aggettivi idonei.

SUPER-EMILIANO [SM=g28002] [SM=g28002] [SM=g28002]

Ciao
gnaldi
00martedì 23 novembre 2010 17:58
Perfetto
L'abbinamento foto-percorso è semplicemente perfetto!
Grazie mille!

antares86.
00martedì 23 novembre 2010 21:16
Re: Re:
CiclistaperCaso@, 23/11/2010 16.04:




Io mi faccio carico di scrivere allo Zingarelli, allo Zanichelli e al mitico Devoto Oli ... in caso contrario già con l'11-ma posizione saremo a corto di aggettivi idonei.

SUPER-EMILIANO [SM=g28002] [SM=g28002] [SM=g28002]

Ciao




gli aggettivi sono già finiti qua, altro che 11-posizione...

posti davvero superbi, complimenti...
-Emiliano-
00sabato 27 novembre 2010 23:11
Giro della Lombarda. Italia–Francia. BdC

159km con 4.200m di dislivello – altezza massima 2802m slm. 31 luglio 2010.



Perché?...

Il “Giro della Lombarda” è indubbiamente uno dei punti di forza della mia estate ciclistica. Quest’anno, per dargli maggior “risalto”, ho provato ad inserire nel percorso una stuzzicante novità: l’inedita ascesa al Col de la Moutière e la risalita sterrata fino alla Cime de la Bonette. Novità indubbiamente interessante (anche se il giro migliore rimane a mio parere il classico) che mi ha fatto apprezzare ancor meglio questo scorcio di Alpi Marittime.
Inoltre la “Bonette 2010” rimarrà indimenticabile per altri due fattori: un meteo semplicemente strepitoso e l’incontro con un ciclista di Cuneo con il quale ho condiviso buona parte del percorso (prima facendomi tirare, dopo – sull’ultima salita, quando il mio diesel ha cominciato a carburare – aiutandolo fino a Vinadio).

Breve descrizione del percorso:



Questa volta sarò un po’ più conciso nella mia descrizione: questo percorso non lo scopro certo io e sono innumerevoli le recensioni in Internet. Farò maggiormente parlare le immagini e spenderò qualche parola in più solo per l’inedita deviazione al Col de la Moutière.
Si parte la mattina presto da Vinadio, pronti ad affrontare (forse) la salita più impegnativa della giornata: il Colle della Lombarda.
La salita può essere ragionevolmente suddivisa in tre tronconi.
Il primo, con numerosi tornanti, fa superare l’angusta gola originata dal torrente; è lungo quasi 10km e presenta una pendenza media del 9%: un tratto decisamente impegnativo che occorre affrontare con le dovute cautele, visto che ci attende una lunga giornata in mezzo ai monti.



Dal punto di vista paesaggistico, complici le strette pareti rocciose ed il fatto d’averlo sempre affrontato nella penombra del primo mattino, non ho mai potuto appieno questo primo tratto.
Il secondo troncone comincia evidente subito dopo una brevissima contropendenza: per alcuni chilometri la strada torna a farci respirare, alternando falsipiani a tratti in leggera salita. A questo punto il vallone si apre con decisione e si inizia ad intravedere il Santuario di Sant’Anna di Vinadio (il più alto d’Europa), la cui sagoma ci accompagnerà fino al valico italofrancese. Si comincia a respirare aria d’Alta Montagna, mentre il sole spunta dai monti e numerosi pellegrini camminano al nostro fianco.



Il riposo dura però poco: in un attimo arriviamo al bivio, posto a 1800m slm, che divide la salita al Santuario da quella al valico. Inizia così il terzo troncone della salita, nuovamente impegnativo anche se con pendenze più altalenanti rispetto al primo. Dopo aver abbandonato il fondovalle, risaliamo a strappi il versante orientale della vallata, circondati da un ambiente sempre più maestoso e selvaggio.



Arrivati al Confine ci fermiamo un attimo ad ammirare la strada percorsa e le possibili deviazioni sterrate che le numerose strade militari consentono, dopodiché ci tuffiamo velocemente nella discesa.



La prima parte della discesa, fino ad Isola 2000, è ampia veloce e panoramica; personalmente mi piace moltissimo! Un po’ meno entusiasmante (forse perché troppo “stretta” per i miei gusti), ma ricca di tornanti e “tecnica” al punto giusto, il secondo tratto fino ad Isola.



Giunti al fondovalle e tolta la mantellina, ci aspettano una quindicina di chilometri in falsopiano che ci fanno risalire l’Alta Valle della Tinèe fino a St.Etienne. È inutile nascondere che questa sia una delle parti meno remunerative del percorso, però posso assicurarvi che “l’ansia da Bonette” e l’emozione di avvicinarsi ad una delle salite più alte, maestose ed imponenti delle Alpi ve la farà apparire comunque splendida!
Riempite le borracce all’uscita del paese, attacchiamo la salita che inizialmente – con pochissimi tornanti – è la naturale prosecuzione della strada di fondovalle appena conclusa: pendenze modeste, tratti nel bosco e nessun panorama degno di nota (se non l’attraversamento di una cascata). Se non fosse per i cartelli che ci ricordano, chilometro dopo chilometro, l’andamento della salita, potremmo confonderla con molte altre salite.
Come già scritto, però, io non percorrerò per intero questa splendida salita (una delle mie preferite delle Alpi), avendo deciso l’inedita avventura verso il Col de la Moutière: subito dopo il primo ponte sulla Tinèe, abbandono quindi la strada maestra svoltando a sinistra in direzione di St.Dalmas-le-Salvage.



In maniera analoga a quanto fatto per la Lombarda, posso suddividere la salita in quattro parti.
La prima parte è quella che ci porta all’unico centro abitato che incontreremo fino al ricongiungimento con la Route de la Bonette: risaliamo la parte settentrionale della valle con alcuni strappi importanti; nell’attraversamento di St.Dalmas segnalo l’unica fonte idrica fino (ed oltre...) la cima della Bonette!
La seconda parte è veramente impegnativa: con numerosi tornantini risaliamo il ripido pendio che divide il fondovalle dal Plateau de Sestrière (dove inizia il Parco Naturale del Mercantour). Sotto di noi il borgo, che a volte scorgiamo tra un albero e l’altro, si fa via via più piccolo, mentre intorno a noi le montagne diventano sempre più imponenti e grandiose dopo ogni pedalata. A dir poco sconcertante l’assenza pressoché totale di traffico e la mancanza assoluta di indicazioni e/o segnaletica stradale.
Sorpassato l’ultimo tornante ci avviciniamo al confine del Parco Naturale ed inizia simbolicamente la terza parte della salita: le pendenze a tratti si fanno più dolci (alla fine saranno pur sempre 1000m di dislivello in 12km!), mentre entriamo in una pineta e l’asfalto diventa più “rugoso”. Come ho avuto modo di scrivere una volta, ho trovato questo tratto dell’ascesa al Colle molto bello e “valdostano”: non sembra neppure di essere sulle Alpi Marittime mentre pedalando cerchiamo di schivare numerosi aghi di pino e procediamo con andamento sinuoso tra un ruscello e l’altro. La sede stradale è strettissima e sono più i gitanti intenti a far pic-nic rispetto alle auto che incrociamo: pare davvero un’isolata e sconosciuta salitella che porta ad un alpeggio, mentre invece stiamo percorrendo uno dei valichi asfaltati più elevati d’Europa (...e, permettetemi, il cui “scalpo ciclistico” è molto molto molto raro!...); a conti fatti, dovrebbe difatti essere al quattordicesimo posto di questa speciale classifica.



Forse cominciamo a rendercene conto quando inizia l’ultima parte della salita: ossia quando usciamo dalla pineta, la Cime de la Bonette s’impone innanzi a noi e tutto intorno le rocce selvagge fanno da contorno a questo panorama grandioso! Si procede a gradoni, con ampie curve e pochi tornanti, alternando brevi falsipiani a strappi veramente impegnativi. Immenso e straordinario l’ambiente nel quale stiamo pedalando, incredibilmente silenzioso – nonostante in lontananza si veda lo scintillio delle auto sulla Bonette.
Arriviamo al valico, decisamente anonimo, salutando dietro un costone roccioso la Cima Coppi di giornata: una mezz’oretta e conquisteremo anche lei!
Straordinario lo spettacolo sulla Valle dell’Ubaye che si apre a quel punto sotto i nostri piedi (è proprio il caso di dirlo...): le serpentine sterrate di Moutière e Col de Restefond si snodano sinuose per chilometri in un ambiente selvaggio e grandioso.



Quello seguente, i duecento metri di dislivello sterrati da percorrere per ricongiungersi al versante nord del “tradizionale” Col de la Bonette, è uno dei tratti affrontati quest’anno in BdC che mi ha esaltato di più! Scoprire una strada che finora nessuno di mia conoscenza aveva affrontato con la Specialissima, ammirare panorami inediti che pochi hanno avuto la fortuna di ammirare, pedalare continuamente col dubbio “riuscirò ad arrivare in cima?” è stato qualcosa di splendido e che mi “rimarrà dentro” quando ricorderò il mio 2010!



Per quanto riguarda la “mera salita”, il tratto sterrato non presenta mai pendenze superiori al 10% e, con un pizzico d’attenzione, in particolare presso i due tornanti, risulta tranquillamente ciclabile anche in bici da corsa (però due altri amici del forum non mi pare siano della stessa opinione...).



Ricongiunti all’asfalto e d’obbligo la deviazione alla Bonette, anche se in realtà il valico l’abbiamo già superato e potremmo tranquillamente proseguire per Jausiers: altri duecento metri di dislivello da aggiungere ed un'altra serie incredibile di panorami da immortalare...
Ovviamente, in primis, la serpentina sterrata del Col de la Moutière appena conquistato!



Ci rituffiamo quindi in discesa.



Una splendida e veloce discesa che regala ancora una volta panorami favolosi: molti infatti preferiscono il giro in senso antiorario proprio in virtù di questo splendido versante; prima o poi lo affronterò anch’io in salita! Particolarmente ragguardevoli alcuni scorci fino ai duemilametri, dopodiché la discesa diventa, seppur sempre di ampie vedute, un po’ anonima.



Arrivati infine a Jausiers, ci attendono pochi chilometri di trasferimento in leggera salita fino all’attacco dell’ultima salita di giornata: il Col de Larche (o, in italiano, della Maddalena).
Lungo questo tratto, che rimarrà impresso nei vostri ricordi per le incantevoli acque cristalline dell’Ubaye, segnalo a La Condamine l’attacco della salita al “mitico” Col du Parpaillon (ecco dov’è!...).
Mi pare superfluo sottolineare come il Col de Larche sia indubbiamente in meno remunerativo che affronteremo quest’oggi: personalmente, lo vivo sempre come un semplice trasferimento fino a Vinadio. Questo anche perché spesso d’estate il meteo pomeridiano è meno esaltante rispetto a quello mattutino: nel 2010 una giornata meteo indimenticabile mi ha infatti parzialmente fatto ricredere...



Quel che è certo, sole o nuvole a parte, è che – rispetto ai due “mostri sacri” appena scalati – il Col de Larche è poco più di un cavalcavia: pendenze moderate e pochissimi tornanti ne fanno un valico commercialmente molto importante, ma non altrettanto interessante dal punto di vista ciclistico (ricordo, per quanto non lo sapessero, che la prima parte è teoricamente vietata alle bici...). Di buono, la salita ha dalla sua il fatto di essere quasi sempre allo scoperto: quindi panorami, seppur non di altissima montagna, garantiti ad ogni pedalata!



Difficile non arrivare al valico gonfi d’orgoglio, consci di aver portato a termine un’impresa ciclistica di prim’ordine.
Anche se, ultima nota, la discesa della Maddalena dovrà per molti tratti essere pedalata: diversi falsipiani difatti ne spezzano il ritmo, il più delle volte accompagnati da un fastidioso vento contrario.


In definitiva...

Uno dei più belli ed impegnativi anelli che ci sanno offrire le Alpi Marittime. Secondo, per lunghezza e dislivello, solo alla “mitica” Susa–Susa (ovviamente tra i miei percorsi standard).
Come ho già avuto modo di scrivere più volte sul forum, il percorso “tradizionale” con la “vera” Bonette è indubbiamente migliore rispetto al giro con l’inedita deviazione sterrata alla Moutière che ho affrontato quest’anno. Se però volete aggiungere una piacevole novità alla “solita” Vinadio–Vinadio (in senso orario o antiorario secondo le diverse scuole di pensiero), sappiate che – anche in BdC – potrete affrontare uno dei Passi più elevati ed isolati delle Alpi, senza comunque togliervi il piacere e la soddisfazione del “giretto” finale intorno alla Cime della Bonette. Anzi: in cima, di fianco alla targa commemorativa, contemplando la vallata della Moutière con la serpentina asfaltata che la attraversa (ammettiamolo: chi di noi non l’ha ammirata dall’alto chiedendosi come fosse...) finalmente potrete dire “io l’ho fatta!”.
Il tutto chiaramente (quando possibile) da affrontare in una giornata meteo da incorniciare (come la mia...) e limpidissima: difficilmente vi spingerete tanto in alto in sella alla Specialissima e sarebbe un peccato non ammirare appieno lo splendido orizzonte che offre la Bonette!

Emiliano
CaSe63
00sabato 27 novembre 2010 23:41
Magnifico come al solito il tuo racconto: ho affrontato anche io per la prima volta quest'anno la Vinadio-Vinadio, in senso orario ma nella versione classica, in compagnia di Maxi78 e con i miei ragazzi. Giornata stupenda, per tanti motivi: per curiosità, in che giorno ci sei stato? Noi l'abbiamo fatta il 22 luglio.
Non posso che condividere la tua opinione, la Bonette è da fare assolutamente, certo, la tua variante gli da un quid di unicità molto esclusivo. Devo effettivamente confessare che occhiegggiando giù dalla Bonette, la curiosità per la strada che si vedeva laggiù era davvero tanta...
Una volta di più, bravissimo Emiliano, anche per la curiosità insaziabile che ti spinge a cercare sempre di scoprire qualcosa di nuovo.
Ciao. Sergio
-Emiliano-
00domenica 28 novembre 2010 00:01
Mannaggia...
...anche stavolta mi son scordato d'allegare la traccia GPS!

Eccola qui.

Emiliano

PS: Sergio, sono andato il 31 luglio (è scritto nel titolo... [SM=g27988] )
CaSe63
00domenica 28 novembre 2010 00:06
Re: Mannaggia...
-Emiliano-, 28/11/2010 0.01:

...anche stavolta mi son scordato d'allegare la traccia GPS!

Eccola qui.

Emiliano

PS: Sergio, sono andato il 31 luglio (è scritto nel titolo... [SM=g27988] )



Scusa... è stata una giornata pesante... [SM=g27994] e a una certa età ne risenti subito!


fiatogrosso
00domenica 28 novembre 2010 16:55
Silenziooo...
l'arte ciclistica si sta mostrando !!!

-Emiliano-
00lunedì 29 novembre 2010 14:06
360°

Dopo aver fatto notare che nella quarta foto la "cosa" bianca che "sporca" il mio BLU non è una nuvola, bensì la Luna [SM=g27988] , aggiungo alla descrizione questo superlativo panorama a 360°

Ora vi prego d'attendere un po' per il 10° posto: sto organizzando le foto in questi giorni.

Emiliano
-Emiliano-
00mercoledì 8 dicembre 2010 10:07
Klausen e Pragel. Canton Uri, Svizzera. BdC

157km con 3.850m di dislivello – altezza massima 1948m slm. 3 ottobre 2010.



Perché?...

Eccomi a descrivere uno dei giri ai quali “tenevo di più” nel mio 2010 ciclistico, nonostante percorso completamente al di sotto dei duemilametri (superfluo sottolineare come sarà l’unico, con questa caratteristica, nella mia speciale classifica).
Già “saltato” nel 2009 per le avverse condizioni meteo (qualcuno si ricorderà il freddo polare che ci aveva investiti ad inizio ottobre, con conseguente chiusura anticipata di svariati Passi Alpini), ha rischiato anche quest’anno di venire eliminato dalla mia “agenda”: a metà settembre il Klausen è difatti rimasto chiuso per circa due settimane a causa di abbondanti nevicate fuori stagione (neve addirittura sotto i 1500m!) ed il timore che non riaprisse più è stato veramente fondato...
E invece, il 3 ottobre, eccomi ad affrontare un giro “prealpino” splendido in una giornata meteo forse irripetibile: in Italia infatti una vasta depressione comincia a “condannare” i miei amici del forum al primo di un’impressionante serie di week-end orrendi, mentre in Svizzera – complice un vento di foehn da record – temperature estive ed un sole da cartolina mi garantiscono l’ennesima emozionante cavalcata in bicicletta. Alla partenza da Altdorf, laddove dieci giorni prima aveva nevicato sotto i 1500m, la temperatura minima sarà di 19°C: incredibile!
Difficile non far rientrare quest’uscita nella mia top ten, anche in considerazione degli splendidi ed inediti luoghi attraversati (non a caso, da qualche parte, queste montagne sono chiamate le “Dolomiti della Svizzera”).

Breve descrizione del percorso:



Partenza da Altdorf (o meglio: da Seedorf, dato che nella cittadina svizzera è praticamente impossibile trovare un parcheggio gratuito) prima che spunti il sole, anche se come scritto la temperatura è ampiamente gradevole.
Dopo un brevissimo riscaldamento, all’uscita della Capitale del Cantone Uri, il Klausen ci accoglie con le prime rampe impegnative: alcuni strappi superiori al 10% ci fanno superare in pochi chilometri i primi 200 metri di dislivello e raggiungere Burglen, paesino la cui fama è legata alla leggenda di Guglielmo Tell.



Entriamo così nella Schachental: isolata valle svizzera circondata da montagne dal sapore dolomitico che consente, oltre alla salita al Klausenpass, alcuni percorsi in MTB che senz’altro avrò modo di scoprire le prossime stagioni!
Le pendenze si addolciscono mentre percorriamo il fondovalle e, ad eccezione di un tratto in corrisponda di due tornanti, ci permettono di godere appieno delle meraviglie della Natura. Purtroppo (ad esser sinceri...) questo è il tratto meno spettacolare dell’intera giornata: la valle è fin troppo “chiusa” ed il sole in controluce non ci consente splendide vedute; straordinario invece, dietro a noi, il panorama sulla piana di Altdorf e le montagne appena imbiancate che circondano Engelberg ed il “terrificante Surenenpass”.



Questo lungo tratto di salita “quasi noioso” ha termine ad Unterschachen, centro principale della vallata, che raggiungiamo dopo una secca contropendenza; siamo a 1000m slm e da questo momento il Klausenpass non scherza più: ci attendono 950m di dislivello in 12km!



Un paio di tornanti ci fanno risalire il versante nord del fondovalle con splendide vedute sul paesino appena superato e la sua fiabesca conca. Il secondo tornante ci immette finalmente nel tratto in costa che seguiremo fino in cima al valico: da qui possiamo considerare che inizi il “vero” Klausen!
Pochissimi alberi disturberanno la nostra visuale, mentre le splendide “Dolomiti della Svizzera” appena innevate non ci faranno nemmeno avvertire il 9% medio che ci aspetta. Una cavalcata emozionante fino ai 1948m del Passo: un valico che per lunghezza, durezza, panorami ed emozioni è senz’altro da “considerare un duemilametri”!



Dopo le consuete foto di rito in cima (questa volta rese ancor più preziose dalle prime nevicate stagionali) ci possiamo tuffare nella stupenda discesa.



Discesa tecnica e con ampie vedute nella prima parte regala, grazie ad una serie continua di tornanti, prospettive sempre nuove sulle Montagne che ci circondano (che non sono i classici “Colossi Alpini” ai quali sono abituato, dato che quasi nessuna supera i 3000m, ma sono altrettanto fotogeniche!). Stupendo anche l’attraversamento di Urnenboden, centro abitato capoluogo della vallata: un lungo falsopiano incastonato in un’ampia conca prativa.



Più anonima l’ultima ripida parte che, immersa a tratti nel bosco, ci fa riguadagnare velocemente il fondovalle: solo gli ultimi tornanti regalano di nuovo incantevoli scorci su questa parte poco conosciuta della Svizzera.



Finita la discesa in leggero falsopiano percorriamo i 20km circa che ci separano da Glarus, la Capitale del Cantone omonimo dove iniziano i rilievi altimetrici della seconda salita di giornata: il Pragelpass. Non bisogna però pensare ad un semplice trasferimento (come spesso accade nei tratti di fondovalle dei Grandi Giri Alpini...); si attraversano paesini e cittadine di una bellezza incantevole, immersi in una cornice di montagne tipicamente “svizzere”: si respira un’aria di “Svizzera Tedesca” che, personalmente, adoro!



Il Pragel, celebre più che altro per il temibile versante occidentale (700m di dislivello in 6km), ci accoglie subito con alcune rampe veramente cattive: la stretta e boscosa gola che ci immette nella piana di Klontal viene difatti superata con stretti tornanti ed alcuni brevi “drittoni” al 10%.
È comunque un tratto breve; non facciamo in tempo a prendere il ritmo che la strada spiana improvvisamente: lo spettacolo che ci attende ripagherà da tutte le fatiche! Sarà anche perché me n’ero completamente dimenticato, ma l’apparizione del Klontalersee mi ha letteralmente stregato: con le strapiombanti pareti nord delle Alpi Glaronesi che si tuffano nelle sue acque cerulee, pare un fiordo norvegese incastonato tra alcune delle Montagne più belle della Svizzera.



Uno spettacolo mozzafiato (anche se non di Alta Montagna, come oramai è mia abitudine...) da assaporare lungo i 6km completamente pianeggianti che lo costeggiano.



Si giunge infine a Klontal, alla testata dello specchio d’acqua: finalmente la strada ricomincia a salire con decisione. Ci attendono 10km con 700m di dislivello, uniformemente distribuiti, prima di raggiungere il valico: praticamente nessun momento di respiro ma anche (smentisco un cartello “apocalittico” che si incrocia a metà salita...) senza rampe impossibili.



Una gran bella salita: pur senza raggiungere i livelli eccelsi del “gemello” Klausen, la particolare esposizione (come successo quest’anno può nevicare anche a settembre!), la stretta stradina, la latitudine e le particolari montagne che lo circondano fanno credere al ciclista di essere molto più in alto e non “semplicemente” a 1550m slm. Inoltre, se non ho interpretato male un cartello ad inizio salita, il valico è interdetto al traffico motorizzato nei week-end (confermo di aver incrociato solo tre auto...): una delle “chicche” per noi ciclisti che spesso regala la Svizzera!



Arriviamo così – con pochi tornanti e tante semicurve, attraversando un ambiente prealpino verde, selvaggio ed isolato – al pianoro finale che contraddistingue il Passo. Pianoro che, nonostante non offra ampi panorami, è splendidamente dominato dal picco del Drusberg: un’altra montagna che, appena innevata, ha un sapore quasi dolomitico.



Una breve sosta e quindi si comincia la discesa. Molto tecnica e ripida, nella prima parte va affrontata con le dovute cautele: si continua ad entrare ed uscire dal bosco, con conseguenti antipatici cambi di luce, e la sede stradale è sempre stretta e ricca di continue curve e controcurve – per fortuna si incrociano veramente poche auto (una in tutto).
In 7 chilometri giungiamo nel fondovalle di Muotathal: un’altra verde e lussureggiante vallata svizzera che dominerete dall’alto durante la discesa e che, con i suoi prati ben curati, non potrà non lasciarvi indifferenti!



Abbandono la tentazione di provare qualche strappetto che mi invita all’esplorazione (ci tornerò l’anno prossimo in MTB, quassù!...) e percorro la suggestiva vallata per pochi chilometri fino ad arrivare al bivio a destra per Illgau.
Qui inizia la parte “avventurosa” della mia gita odierna. Difatti per aumentare il dislivello (solo 2900m) del giro “base” ho individuato a tavolino una scorciatoia che collega direttamente Muotathal con il Passo dell’Ibergeregg – una stradina sconosciuta e non recensita da alcuna parte (non ne era a conoscenza neppure biciticino che quest’estate ha passato due settimane in vacanza a pochi chilometri da qui!) che rappresenterebbe in pratica il terzo versante dell’importante e trafficato valico prealpino elvetico. Ho scritto “rappresenterebbe” al condizionale perché all’inizio non so neppure io se la strada sarà effettivamente asfaltata e percorribile: un altro dei miei “azzardi estivi” felicemente ripagati da una scoperta entusiasmante!



Fino ad Illgau percorriamo difatti una salita “normale” che, con un lungo traverso e pendenze dure ma mai proibitive, ci fa risalire i primi 300m di dislivello lungo il versante nord della vallata fino a raggiungere il piccolo paesino arroccato sulle rocce. Abbandonata Illgau, la strada diviene stretta ed a traffico limitato: ora si alternano falsipiani a brevi strappi veramente impegnativi (anche al 15%), mentre l’asfalto con andamento sinuoso ci fa toccare i vari alpeggi che punteggiano il pendio. Una salita che, per l’andamento (ma non certo per i panorami!), mi ha ricordato Mannlichen: un tipo di salita che personalmente adoro!



Dopo una secca contropendenza, siamo a quota 1150m slm, ritroviamo a malincuore la civiltà e il traffico ricongiungendoci alla strada “vera e propria” che conduce all’Ibergeregg. Il traffico è pur sempre “a misura di bici”, mentre le pendenze tornano più costanti e ci fanno godere al meglio quanto ci circonda; seppur non alle mie consuete “altezze alpine”, la salita è difatti una stupenda balconata panoramica su Schwyz e la sua piana: lo sguardo spazia dal Lago dei Quattro Cantoni fino allo Zugersee, con l’inconfondibile Monte Pilatus (un altro degli innumerevoli obiettivi MTB per il 2011) a chiudere imponente l’orizzonte. Uno spettacolo “prealpino” di un’emozionante bellezza!



Raggiunto il valico (solo 1400m slm: credo sia il record negativo in questa mia “top ten” 2010!), scatto qualche foto dall’altra parte, dopodiché giro la Bianchi di 180° e mi preparo alla discesa. Discesa da farsi questa volta senza nessun problema e che regala sapientemente il giusto mix di parti tecniche, tratti pedalati e tratti ad alto scorrimento; con alcune vedute sul Canton Svitto da mozzare il fiato: non nascondo che questa è, ovviamente a mio parere, la zona prealpina più bella ch’io abbia visto finora!



Poco prima di arrivare a Schwyz (città a cui la nazione stessa deve il nome e che ancora ne conserva i documenti costitutivi del 1291!) la visuale si apre anche sul Grosse Mythen: montagna dal profilo inconfondibile che, seppur non arrivi neppure a 1900m slm, in Svizzera è quasi considerata un mito.
Purtroppo però il tempo è tiranno e non possiamo goderci una meritata deviazione nel centro della Capitale del Cantone, ma dobbiamo puntare a sud – in direzione del Lago dei Quattro Cantoni – sfiorandone solo la periferia.



Da qui una serie di “mangia e bevi” (volendo si possono tranquillamente accumulare centinaia di metri di dislivello in una dozzina di chilometri, ma oggi non è proprio il caso e scelgo all’ultimo la via meno “contorta”...) ci portano fino a Brunnen ed al Lago più fotogenico della Svizzera.
Raggiunto il lungolago, per completare l’anello, mancano solo un’altra dozzina di chilometri pedalati, quest’oggi, contro un vento apocalittico (mi farà addirittura ruzzolare a terra quando tenterò di rallentare in prossimità di una rotonda!).
La strada che percorreremo è una delle più trafficate che ho visto sinora in Svizzera (in direzione nord era un’unica immensa coda!), ma fortunatamente noi pedaleremo lungo la invitante e splendida pista ciclabile: una VERA pista ciclabile, ampia e ben tenuta, che non interseca in alcun modo la cantonale e permette (permetterebbe: oggi il vento la fa da padrone...) alte velocità.



Questo tratto non è un semplice trasferimento, ma la degna conclusione di una magnifica giornata: a mio parere è uno dei lungolaghi più belli di tutto l’arco alpino, sia per la strada completamente dedicata ai ciclisti, sia per le numerose grotte e gallerie scavate nella roccia che si attraversano, sia per alcuni tratti “esposti” quasi vertiginosi, sia per le splendide montagne che gli fanno da sfondo (sono le stesse montagne che dominano dall’alto Surenenpass, Jochpass e Sustenpass).



Giungo infine ad Altdorf e quindi a Seedorf esattamente in ombra com’ero partito in mattinata: il sole è già tramontato dietro le montagne ed un tiepido calore saluta l’ultima mia escursione del 2010 in maglietta e pantaloncini!


In definitiva...

Io ho avuto la fortuna di percorrere questo anello in una giornata meteo veramente particolare, che mi ha fatto apprezzare ancora di più le bellezze svizzere, ma credo che i luoghi attraversati siano comunque e sempre splendidi.
L’ulteriore deviazione all’Ibergeregg, ed eventualmente al terrificante Haggenegg, rendono il giro suscettibile di modifiche fino ad aumentarne il dislivello a valori da Gran Fondo (inizialmente ero difatti un po’ scettico ad andare “fino a là” per fare “solo” 2900m di dislivello).
Non lo nego: svariati altri giri svizzeri sono ben più celebri e remunerativi, ma se avete già visto tutto, posso garantirvi che Klausen e Pragel non vi deluderanno! Attraverserete posti incantevoli e, per buon parte, isolati; toccando inoltre alcune delle zone più “storiche” del territorio elvetico: come ho già scritto, a questi luoghi è legata la leggenda di Guglielmo Tell e non è un caso che proprio da Schwyz – una delle città più antiche della Nazione – derivi il nome “Svizzera”.
Un giro assolutamente consigliato da fare anche “fuori stagione”: con qualche deviazione ed escludendo il Klausen, credo si riesca a fare addirittura già ad aprile! Lo scoprirò nel 2011!...


Panoramiche

Klontaler see

Schachental

Altdorf ed il Lago dei Quattro Cantoni

Brunnen ed il Lago dei Quattro Canoni
fricius
00mercoledì 8 dicembre 2010 18:40
Fantastico.

grazie
grigua
00giovedì 9 dicembre 2010 00:14

Spettacolari come sempre i tuoi réportages, in questa cartella ti sei superato.
Non più solamente racconti di imprese alla portata di pochi (non dimentichiamo, mentre ci perdiamo nella lettura!) corredati da splendide foto, ma una vera e propria guida di riferimento, con un impeccabile stile professionistico: il prossimo passo potrebbe essere quello di trovare un editore per una guida tascabile... [SM=g28002]

fricius
00giovedì 9 dicembre 2010 21:30
non mi parte il download...
geobach
00venerdì 10 dicembre 2010 09:24
ma cos'é il paradiso ? ti mancava sola Beatrice
[SM=g28002]
christianR77
00venerdì 10 dicembre 2010 22:46
Non solo devo farti i complimenti per le descrizioni dei tuoi giri(quello del klausen prima o poi...) ma anche ringraziarti per il link con l'"interessante" altimetria di haggenegg(che sin'ora avevo visto solo su quaeldich) e la segnalazione del bel sito in cui e' contenuta. Sempre fonte di ispirazione!
-Emiliano-
00giovedì 23 dicembre 2010 15:09
Col d’Arp e Colle della Croce. Val d’Aosta, Italia. MTB (All Mountain, ciclabilità 90%)

65km con 2.900m di dislivello – altezza massima 2639m slm. 12 ottobre 2010.



Perché?...

Quella che sto per descrivere è senza dubbi una delle giornate di ferie meglio spese di tutto il mio 2010: sia per lo splendido itinerario e l’ultimo “saluto” al Monte Bianco (protagonista, insieme al Cervino, del mio 2010 in MTB) e sia per il meteo che, come ben ricordiamo, ad ottobre ci ha “regalato” fine settimana poco “pedalabili”!
In verità, confrontato agli altri percorsi presenti in questa mia lista, questo giro a dir poco impallidisce: corto, breve e “brutto ciclisticamente” (perché non un vero anello, ma un “otto” mal disegnato), sopperisce ampiamente a questi suoi difetti garantendo al ciclista panorami entusiasmanti al cospetto del Monte Bianco e due salite/discese a traffico ZERO (...e quando scrivo “ZERO” intendo proprio ZERO...).
Inoltre lo spirito d’avventura e di scoperta che mi hanno animato nel percorrerlo trovano pochi eguali in tutta la mia annata: riuscire a scovare in Valdigne due salite pressoché inedite (non le conosceva bene neppure fricius, il mio mentore per questa parte delle Alpi), due salite tutto sommato ciclabili, posso garantirvi che non è stato facile. Grandissima emozione quindi scoprire, pedalata dopo pedalata, due ascese: una di una bellezza stratosferica, l’altra “un po’ meno”.
Infine, sempre sulle orme di fricius (il mio/nostro “ciclo–trekker” preferito...), questa escursione in Val d’Aosta ha avuto il grandissimo merito di vedere il mio battesimo in una nuova dimensione della Mountain Bike: quella appunto del “ciclo–trekking”!


Breve descrizione del percorso:



Si parte da Pré Saint Didier, paesino a due passi dal Monte Bianco dal quale cominciano tradizionalmente i rilievi altimetrici per il Passo del Piccolo San Bernardo.
Il percorso di oggi è un po’ “forzato”: pur avendo preso un giorno di ferie sono costretto a rientrare all’auto presto (16:00) e, dovendo partire giocoforza tardi rispetto ai miei standard (8:15), decido di ridurre notevolmente dislivello e chilometraggio. Sto inoltre per affrontare due salite e, soprattutto, due discese non sufficientemente recensite da nessuna parte: ne nasce, per prudenza, uno strano percorso “ad otto” che mi consentirebbe – in qualsiasi momento – un dietrofront ed un facile rientro all’auto tutto in discesa. A conti fatti, ora che so come sono le due salite, il percorso potrebbe essere modificato grazie all’enorme varietà di Colli in zona (San Carlo, Belvedere, Chavannes, Fourclaz).
Ma veniamo alla descrizione.



La giornata comincia subito in salita: percorro il primo rettilineo del Passo del Piccolo San Bernardo tra le case di Pré Saint Didier dopodiché, proprio in corrispondenza del primo tornante, abbandono la strada principale dirigendomi verso Champex. Qui comincia un breve tratto sterrato che, con pendenze intorno al 5%, mi porta a ritrovare l’asfalto della strada principale che sale da Courmayeur.
Sono appena all’inizio ma già ci sono diverse note positive riguardo alla giornata: il meteo semplicemente da favola (le previsioni erano invitanti, ma non così tanto!), l’asfalto che mi accompagnerà per buona parte della salita “mitigando” alcune rampe veramente impegnative, il fatto che – per la conformazione geografica della salita e della valle – mi ritrovo a pedalare costantemente al sole (con 0°C alla partenza questa è un’ottima notizia; tenetene conto se però vorrete affrontare l’ascesa in piena estate...).



Veramente inaspettato l’asfalto: tranne un breve tratto in prossimità dell’alpeggio di Planey, percorribile con attenzione anche in BdC, la salita è asfaltata fino a quota 1600m slm e risulta quindi – per gli splendidi panorami che offre sulle Grandes Jorasses – una splendida novità anche per gli amanti della Specialissima (anche se temo non molti si spingeranno fin quassù, vero Paradiso della MTB, con la bici da corsa).
Facile suddividere in quattro parti questa splendida ascesa.
La prima parte si conclude appunto all’alpeggio di Planey: quasi tutta aslfaltata, tutto sommato pedalabile, vede alcuni brevi strappi impegnativi oltre il 10% (in particolare uno prima del ponticello che segna l’inizio del breve tratto sterrato) che preannunciano quanto ci aspetterà da lì a poco.



La seconda parte ci conduce fino all’alpeggio di Chantore (laddove vedrò in lontananza le uniche persone incrociate lungo le due salite/discese di quest’oggi!). E’ un tratto veramente impegnativo che, con una serie di strettissimi tornanti immersi nella pineta (evidentemente asfaltati di recente), ci fa superare il balzo roccioso che fiancheggia il torrente che scende dalla Tete du Grand Mont (che domina il panorama, impressionantemente vicina!). Brevi tratti in cui si può “tirare il fiato” sono alternati a strappi micidiali che superano anche il 15%: anche se ovviamente nel corso della mia annata ho affrontato ben di peggio, posso assicurarvi che questo segmento dell’ascesa all’Alpe d’Arp lascierà il segno.



La terza parte inizia simbolicamente quando, circa a quota 1600m slm, superiamo l’alpeggio principale del Vallone ed abbandoniamo definitivamente l’asfalto: ci attende a questo punto uno dei tratti pedalati più duri ed emozionanti dell’intera Val d’Aosta! Si esce infatti definitivamente dal bosco e la visuale comincia a spaziare su buona parte del Massiccio del Bianco: alla nostra destrà fa bella mostra di sé l’elegante sagoma delle Grandes Jorasses, mentre davanti fa capolino – dietro alla Testa d’Arp – il “Monte Bianco in persona”!
Ciclisticamente, ahinoi, la salita è la naturale prosecuzione del tratto asfaltato precedente: numerosi tornanti, brevi falsipiani in cui riposare, alternati a strappi in cui si avvicina pericolosamente la soglia del 20%. Fortunatamente la sede stradale è sempre ampia e, nonostante le montagne intorno siano particolarmente “friabili”, in fondo è discreto e ciclabile; pertanto, pur con qualche “fisiologico” zigzag per cercare la strada più scorrevole, tra qualche sasso di troppo ed alcune sterpaglie, si riesce a pedalare ogni singolo metro della salita. Segnalo in questo tratto un paio di rettilinei in cui si supera, seppur di poco, il 20%: lì dovrete veramente tenere duro per riuscire a non mettere il piede a terra!



Nella quarta ed ultima parte dell’ascesa ad Alp d’Arp, oramai superati i duemilametri, le pendenze tornano a farci respirare definitivamente. Il Vallone si apre regalandoci vedute indimenticabili sul Massiccio del Bianco e buona parte dell’Alta Val d’Aosta. Poche centinaia di metri innanzi a noi vediamo distintamente i casolari dell’alpeggio, termine delle nostre fatiche, mentre percorriamo il tratto dal fondo peggiore – che scorre di fianco ad una parete rocciosa particolarmente franosa che in diversi punti ha lasciato qualche “regalino” sulla sede stradale. Fortunatamente, ripeto, qui le pendenze non sono eccessive: altrimenti, tra fondo sabbioso e massi da “circumnavigare”, sarebbe stato difficile riuscire a pedalare.



L’arrivo ad Alp d’Arp è entusiasmante; pur non scorgendo più la Cima del Bianco il panorama è da cinque stelle e, soprattutto, essere riusciti a portare a termine una salita dura, solitaria, immersa in un ambiente da favola e della quale non si sapeva praticamente nulla è una soddisfazione ciclistica enorme!



Ma non è ovviamente finita: siamo appena a 2138m slm e ci separano ancora circa 400m di dislivello al valico vero e proprio, il Col d’Arp (2570m slm). Dislivello da superare quasi completamente a piedi.
Tre i tronconi in cui può essere suddiviso quest’ultimo tratto.
Il primo ci fa risalire verso l’altopiano alla testata del Vallone: percorriamo un sentiero molto ripido, in mezzo al prato, che punta decisamente in direzione sud. Non ci sono problemi a portare la bici al fianco (anche se in qualche caso conviene mettersela in spalla...), ma è assolutamente impossibile pedalare.



Entriamo quindi nell’altopiano finale dove riusciamo a percorrere anche qualche tratto in sella, in parte lungo il sentiero sempre ben delineato e in parte tagliando direttamente sull’immenso pratone (in parte ancora in ombra) che lo contraddistingue. Davanti a noi, ben riconoscibile (anche per il cartello segnaletico giallo), la sella geografica del Col d’Arp.
Piano piano il valico si avvicina ed il percorso si fa decisamente impedalabile. Risaliamo gli ultimi 150m di dislivello con stretti tornantini lungo una pietraia; il sentiero è sempre ben delineato ed assolutamente sicuro, ma con la bici in spalla è una bella faticaccia! In ogni caso, in meno di un’ora dall’Alp d’Arp si arriva in cima: la fatica appena fatta si dimentica immediatamente ed è solo fonte di doppia soddisfazione!



Inutile sottolineare come il panorama di lassù sia entusiasmante. Eccezion fatta per il lato nord (ma rimedierò da lì a poco conquistando anche il Col de Youla!) la vista spazia con eccezionali vedute dappertutto: in lontananza su Gran Combin e Monte Rosa, e a sud – più vicino – sullo scintillante ghiacciaio del Rutor. Ai nostri piedi (è proprio il caso di dirlo, dato che il valico si trova su una sottile cresta rocciosa) si aprono da una parte il severo Vallone d’Arp e dall’altra il lussureggiante Vallone di Youla che percorreremo in discesa.



Ma non è finita qua...
Perché qui comincia la parte trekking della mia giornata: sulle orme di fricius decido di abbandonare la mia fedele Bianchi (tanto non c’è in giro NESSUNO: anche le marmotte sono oramai in letargo!...) e di raggiungere il Col de Youla, il cui valico è ben delineato e dista appena un quarto d’ora dal Col d’Arp. Certo: si à trattato di una semplice camminata su un tranquillo sentiero, nulla a che vedere con le arrampicate “over 3000m” a cui ci ha abituato il buon Massimiliano, ma questo è da vedere come un inizio (ad esempio anche dallo stesso Col de Youla si aprono percorsi trekking di notevole spessore...); l’anno prossimo spingerò senz’altro ancora più in là il mio limite!



Già comunque, posso assicurarvelo, il panorama da questo sconosciuto Colle non lascia indifferenti, una delle balconate sul Massiccio del Bianco più belle viste quest’estate: non oso immaginare raggiungendo i monti lì intorno (mi pare si possa salire fino al Berrio Blanc!).



Dopo le foto di rito ed aver ammirato dall’alto i numerosi sentieri della Val Veny percorsi qualche mese prima, ritorno sui miei passi e raggiungo nuovamente la MTB.
Comincio un po’ titubante la discesa lungo il Vallone di Youla; discesa che, oltre ogni più rosea aspettativa (la mia tecnica è pari a zero...), si rivelerà uno stupendo mix di tecnica (1%...) e paesaggi entusiasmanti (99%)!



Se si escludono i primi due tornantini, difatti, la si riesce a fare quasi completamente in sella; i primi duecentometri di dislivello si scendono in parte sul sentiero ed in parte “cercandolo” nell’immensa prateria mentre ci avviciniamo sempre più al fondovalle ed al torrente Youla.
Qualche volta bisogna mettere il piede a terra, ma anche per un “non amante” dei percorsi tecnici come me, devo ammettere che questo tratto è stato fonte di grande soddisfazione. Raggiunto il fondovalle in prossimità del Ricovero Reggiani (2360m slm) e facendo attenzione a lasciare il torrente alla propria destra, il sentiero diviene una veloce carrozzabile che – via via che si scende di quota – risulta sempre più comoda.



A quota 2050m, gettato un ultimo affascinato sguardo dietro di noi verso la vetta del Bianco, abbandoniamo il Vallone di Youla: la carrozzabile diviene a questo punto aperta al normale traffico motorizzato e, con ampi e splendidi tornanti, fiancheggiando una suggestiva cascata, ci fa perdere rapidamente quota. Ritroviamo l’asfalto a quota 1950m (peccato: sarebbe stato un duemilametri asfaltato completamente inedito e dai panorami entusiasmanti!), dopodiché entriamo nel bosco e la salita si fa più anonima (attenzione alla sede stradale sempre stretta ed alla quasi totale assenza di traffico, che potrebbe indurre una discesa “senza freni”).



Solo nel finale la discesa regala nuovi scorci sulla Valdigne, ed in lontananza sulla piana di La Thuile, degni di nota; ma il confronto con quanto visto più a monte è veramente impari!
Tocchiamo il fondovalle a La Balme (1300m slm): da lì ci attende un po’ di asfalto fino a raggiungere i 1950m del Colle San Carlo.



La prima parte si snoda lungo la Statale del Piccolo San Bernardo fino a La Thuile (1450m); qui consiglio vivamente di riempire le borracce: fuori stagione la “mitica” fontanella in cima al Colle è chiusa!!!
Quindi imbocchiamo a sinistra la deviazione per il Colle San Carlo (uno dei pochi valichi asfaltati della Val d’Aosta), magari percorrendo la “direttissima di Thovex” (1km ben oltre il 10% medio con punte del 18%) per risparmiare sul chilometraggio.
Nonostante meno celebre ciclisticamente dell’altro versante, anche da La Thuile posso assicurarvi che questo valico merita grande rispetto: anche se privo dell’impressionante regolarità del lato nord, ci troveremo difatti ad affrontare svariati strappi oltre il 10%, in una salita dalla pendenza media di tutto rispetto (8%).
Per il resto, la salita è molto aperta, ricca di tornanti dove “respirare” e garantisce buoni panorami sull’Alta Valdigne ed alcuni scorci degni di nota sulle Grandes Jorasses.
Il piazzale d’arrivo è, in verità, immerso nel bosco e privo di grandi vedute, ma – come mio solito – consiglio vivamente la deviazione (direzione nord) verso la Tete d’Arpy e l’impressionante Belvedere su Courmayeur e buona parte del Massiccio del Bianco.
Oggi però il mio programma è un altro: dopo aver letto il simpatico ed “invidioso” SMS di fricius (cito testualmente: “Hai visto che hai azzeccato anche oggi?”, immagino si riferisse al meteo) punto subito verso sud e mi appresto a scalare il Colle della Croce.
La strada è ampia e ben tenuta, nella prima parte facilmente percorribile anche in BdC (grigua ne sa qualcosa), e, con pendenze modeste, ci porta velocemente al bivio Colle della Croce / Lago d’Arpy. Siamo sempre immersi nella pineta, anche se a volte si aprono belle visuali su Arpy e la sua vallata.



Dopo il bivio decido di allungare il percorso e proseguire per il Lago d’Arpy (lo spettacolo è garantito!): da lì in avanti si trova qualche strappo più impegnativo (10-15%), ma il fondo risulta sempre ben compatto e ciclabile senza problemi in MTB. Quindi solo l’ultima rampa di 100m, per risalire il balzo roccioso che fa da argine naturale al lago, è al limite della ciclabilità (sia per il fondo meno compatto, che per la pendenza intorno al 20%, che per il traffico turistico a volte decisamente “antipatico”).



Raggiunto il Lago e la sua fiabesca conca, abbandono ancora la bici e ne percorro tutto il perimetro a piedi: spero che le foto rendano l’idea dello spettacolo al quale si può assistere in questa stagione.



Ritemprato da questa breve sosta fotografica, ritorno sui miei passi fino al bivio sopraccitato per affrontare l’ultima fatica di giornata: la salita al Colle della Croce.
La quale rappresenterà l’unica “nota stonata” in questa fantastica giornata: nell’unica scarsa (ed evidentemente datata...) recensione che avevo trovato in Internet, veniva definita come una “strada militare dalle pendenze sostenute ma pur sempre ciclabile”. Purtroppo, invece, la cruda realtà ha disatteso queste mie speranze.



La strada ha effettivamente pendenze regolari come tutte le strade militari (se si esclude il pianoro finale, dal bivio sono 400m di dislivello in 4km esatti) ma, dopo la prima parte immersa nella pineta – naturale prosecuzione della salita precedente – cominciano le note dolenti. Come peraltro già evidente dal Lago d’Arpy, la strada difatti è costruita su una montagna a dir poco franosa e numerosi sono i massi che invadono la sede stradale; a volte costringendoci a improponibili zigzag, altre volte inesorabilmente al “piede a terra”. Ricordo un tratto, lungo almeno 50m, in cui un’enorme frana ha invaso tutta la sede stradale, riducendola ad una sottile striscia lungo la quale (con un precipizio poco invitante alla mia destra) ammetto di non aver trovato il coraggio di pedalare.



Un vero peccato!
Anche perché, quando nel finale il fondo torna più compatto, ci si rende conto che con un minimo di manutenzione il percorso sarebbe completamente pedalabile. Ma va bene così: il comprensorio di La Thuile garantisce già fin troppe salite sterrate entusiasmanti e ciclabili...
Nell’ultimo tratto la salita si snoda all’ombra mentre il Massiccio del Monte Bianco si nasconde momentaneamente alla nostra vista; per apparire, raggiunto il valico, di un’eleganza con pochi paragoni (a mio parere questa è la prospettiva migliore per ammirarne la Cima).



Dal Colle della Croce (2381m slm) un facile sentiero conduce alla cima a nord, mentre un sentiero più impegnativo, ma credo “fattibile” l’anno prossimo (dovrò mettermi d’accordo con fricius!), porta fino ai 3024m del Monte Colmet.
Ma è già tempo di ripartire...



La discesa dal versante orientale è ripida ed impraticabile per i primi 200m di dislivello: tornantini stretti (in stile toboga) e fondo sconnesso vanno oltre i miei limiti tecnici, anche se immagino che qualche funambolico freerider si gongolerebbe felice scendendo di quassù. In ogni caso, in quarto d’ora e si mettono alle spalle.
Superato questo primo balzo roccioso, il sentiero si fa più ciclabile e – seppur costringendoci qualche volta a tratti camminati – possiamo raggiungere abbastanza velocemente l’alpeggio di Plan Praz (2065m slm). A questo punto non ci sono più problemi; la strada diventa una normale strada aperta al traffico veicolare e si alternano tratti sterrati ad altri asfaltati (in prossimità dei numerosi ed ampi tornanti): in un attimo, seppur a malincuore, siamo di nuovo a La Thuile.



Da lì si segue tranquillamente la Statale del Piccolo San Bernardo fino a Pré Saint Didier.
D’obbligo, lungo gli ultimi stretti tornanti che la caratterizzano poco a monte dal paesino valdostano, un ultimo saluto – per il 2010 – al Monte Bianco.


In definitiva...

Come ho già premesso, quello appena descritto più che un “anello ciclistico” vero e proprio è un “doppio consiglio” su due brevi anelli valdostani – fattibili tranquillamente in mezza giornata – di rara bellezza; il primo con partenza da Pré Saint Didier ed il secondo con partenza da La Thuile. Io, il 12 ottobre, li ho uniti così, più che altro per motivi di tempo e fotografici, ma nulla vi vieta di organizzarli diversamente.
Posso assicurarvi che poche altre volte pedalerete così indisturbati in un ambiente d’Alta Montagna tra i più belli ed imponenti delle Alpi: io (certo: giorno feriale e fuori stagione) ho complessivamente incrociato lungo le due salite/discese zero auto, zero persone, zero marmotte, zero camosci, poche mucche e quattro cavalli.
Inoltre poche altre volte riuscirete a trovare una salita che, come quella all’Alpe d’Arp, vi garantiranno grandi soddisfazioni ciclistiche in un contesto alpino superbo (che, se si aggiunge anche il finale trekking fino al Col de Youla, non teme il confronto con NULLA di alpino ch’io conosca!...).
Se volete “vivere” la vera Mountain Bike, almeno una volta nella vita dovrete venire quassù!


Panoramiche

Testa del Rutor


Alle prossime!
Emiliano
CiclistaperCaso@
00giovedì 23 dicembre 2010 16:55

SPETTACOLARE Emiliano, semplicemente SPETTACOLARE !!!

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Se questa carrellata fantastica di posti montani continuerà anche nei prossimi giorni / settimane, come tutti ci auguriamo, fino a completare il percorso "Dodici giri per dodici mesi ..." ho la netta sensazione che dovrò chiedere il permesso a mia moglie di acquistare la MTB.

I COMPLIMENTI sono il minimo dopo aver letto il tuo post.

Ciao

Giorgio
fricius
00giovedì 23 dicembre 2010 19:54
Bellissimo! e molto ben raccontato, ancora complimenti!
Vedo23
00giovedì 23 dicembre 2010 20:35
Che giro, che colori, che spettacolo!!!!
La tua capacità organizzativa e di "tracciatura" è eccelsa, il "fiuto" ancora di più... Hai tutta la mia invidia, piena di stima ovviamente!!
Prenderò certo spunto dal racconto per metterlo magari anche nella nostra pagina FB... Appena ho un po' di tempo.
Intanto, complimentissimi!!

Giorgio
-Emiliano-
00domenica 26 dicembre 2010 13:48
Giro della Gardetta. Piemonte, Italia. MTB (ciclocross)

133km con 3.400m di dislivello – altezza massima 2481m slm. 18 luglio 2010.



Perché?...

Il “Giro della Gardetta” è stato uno dei percorsi che più mi ha fatto sognare e che maggiormente ho studiato e pianificato nel corso del mio inverno 2010: dopo aver visto alcune foto di Rocca La Meja su un libro delle Alpi comprato “per sognare un po’”, e dopo esser stato costretto a non ammirare al meglio (meteo non eccelso) il Fauniera nel 2009, questo era uno degli obiettivi ai quali tenevo di più.
Un giro splendido che fa attraversare uno dei luoghi più suggestivi delle Alpi Marittime (l’Altopiano della Gardetta: ne ho già parlato a proposito dei dieci luoghi più belli che ho avuto la fortuna di ammirare in sella alla mia MTB) con un percorso che pare nato apposta per la mia ciclocross!
Ciclocross che purtroppo quest’anno è rimasta a casa (causa incidente), ma che è stata degnamente sostituita dalla MTB “attrezzata” con gomme semislik (il giro prevede circa 15km sterrati facilmente pedalabili ed il resto su asfalto).
Come per il percorso in Valdigne appena recensito, anche questo tracciato è suscettibile di modifiche (dato che i versanti da scalare sono quattro/cinque) e probabilmente quello affrontato quest’anno non è il migliore – ma è stato preferito in quanto dovevo scalare il Fauniera da Demonte (salita che ancora mancava alla mia lista di duemilametri).


Breve descrizione del percorso:



Si parte da Borgo San Dalmazzo, a pochi chilometri da Cuneo.
Purtroppo il percorso odierno presenta una lunga parte di trasferimento (equamente suddivisa tra l’inizio e la fine della giornata) che, specie se affrontata in MTB, può risultare eccessivamente noiosa: vedrò di rimediare “con fantasia” le prossime volte.
Ci attendono quindi poco più di una dozzina di chilometri in leggera salita per arrivare a Demonte, dove iniziano i rilievi altimetrici del Colle della Fauniera, valico alpino di secondaria importanza reso celebre dalle recenti imprese al Giro d’Italia.



Anche dopo aver abbandonato la Statale del Colle della Maddalena, in verità, all’inizio la salita – parzialmente immersa nella boscaglia – non regala splendide vedute.
Ci si innalza a strappi dal fondovalle attraversando le caratteristiche borgate di Demonte che puntellano il lussureggiante inizio del Vallone dell’Arma. Si alternano strappi, a volte anche decisamente impegnativi, a tratti in leggera contropendenza: una salita tutto sommato “normale”; nulla a che vedere con lo spettacolo che ci attenderà più a monte!



Questa prima parte termina simbolicamente dopo circa 10km, quando superiamo l’abitato di San Giacomo, in pratica l’ultimo che incroceremo lungo la salita, e la strada si restringe notevolmente: qui possiamo dire che inizia il “vero Colle della Fauniera”. Uno dei Colli più belli del ciclismo professionistico, contraddistinto da tre versanti accomunati da alcune caratteristiche: pendenze dure ed altalenanti, sede stradale strettissima (è difficoltoso addirittura incrociare una sola automobile), panorami grandiosi mentre si attraversano valloni selvaggi ed incontaminati.



Ed il Fauniera ci accoglie subito con un paio di rampe “delle sue”: d’altronde ci attendono in pratica 1100m di dislivello diluiti in 14km inesorabilmente esposti al sole (non ci sarà nemmeno un albero a rovinare la visuale dello splendido Vallone dell’Arma).
Come mio solito, posso suddividere l’ascesa in tre tronconi – più che altro dal punto di vista paesaggistico, dato che ciclisticamente è sempre un alternarsi di rampe dure ed altre più accessibili, anche se oramai mancano falsipiani e contropendenze lungo le quali rifiatare.



Dopo alcuni secchi tornanti, il Vallone dell’Arma comincia a presentarsi in tutto il suo splendore: mentre percorriamo un ripido tratto in costa – vertiginosamente alto rispetto al torrente sotto di noi – dall’altra parte della vallata affascinanti montagne, dal sapore dolomitico e puntellate da un’infinità di mucche al pascolo, alleviano col loro splendore tutte le nostre fatiche. Mentre lo percorro estasiato, sono veramente orgoglioso di aver scelto la giornata meteo ideale e di aver propenso, dopo numerosi dubbi e ripensamenti, su questo strano percorso ad otto (come detto ideato proprio per apprezzare al meglio il versante di Demonte).
A quota 1900m superiamo l’alpeggio di Gias Ciavera (rifornimento idrico) e, quasi senza accorgercene, entriamo nella seconda parte del Vallone dell’Arma. Ci ritroviamo così in una vallata molto ampia e ricca di rocce e pascoli, dove non è raro incrociare anche qualche marmotta. La strada prosegue tortuosa senza tratti in costa e, pertanto, senza neppure sequenze di tornanti da superare in serie. In lontananza possiamo già scorgere le tipiche rocce bianche che contraddistinguono il Colle Valcavera (che è la porta d’ingresso sull’Altopiano della Gardetta ma che non è il termine ultimo delle nostre fatiche, dato che noi stiamo puntando al Colle Fauniera, 100m più a monte...). Inutile sottolineare come, man mano che si pedala, il panorama verso valle si fa sempre più grandioso ed il paesaggio in cui ci troviamo sempre più brullo e selvaggio.



L’ultima parte della salita è quella che porta appunto dal Valcavera al Fauniera; parte che ripeteremo anche nel pomeriggio e nella quale la pendenza media (5%) non deve trarre in inganno: ci sono infatti due lunghe rampe micidiali che si faranno senza dubbio sentire (specie dopo tutta quella salita e specie se affrontate con una “pesante” MTB). Il finale è entusiasmante: pedaliamo in una sorta di “museo geologico a cielo aperto” (come avrò modo successivamente di definire l’intero Altopiano della Gardetta), sfiorando in più punti ripide pareti rocciose dai colori emozionanti.



Si arriva infine, quasi in falsopiano, sul valico – in verità non particolarmente affascinante (né per il panorama, né per il monumento a Pantani, un po’ kitsch per i miei gusti...).
Una breve sosta e siamo pronti a proseguire in discesa, lungo la Valgrana nella primissima parte ed in Val Maira nella seconda, una volta deviato a sinistra per il bivio del Colle Esischie. Quest’ultimo è (giustamente) il versante meno celebrato del Fauniera, ma nella parte finale è anch’esso molto remunerativo: splendide a nord le vedute sul Becco Grande, il Colle dei Morti (oramai impraticabile causa frane) e la conca sottostante ricca di pascoli; mentre a sud, quando il meteo lo consente, si ammira in lontananza “sua maestà” il Monviso.



Scesi sotto i duemilametri ed entrati nella boscaglia, la discesa si fa chiaramente più anonima, anche se il percorso tortuoso che segue, i continui tornanti, le pendenze discontinue e l’asfalto a tratti indecente, ci costringono a tenere sempre alta l’attenzione.



Si arriva così, piano piano, fino al bivio per Canosio (1250m slm), dove abbandoniamo il Vallone della Marmora ed iniziamo la dura salita verso il Colle del Preit – duemilametri completamente asfaltato (non lo sapevo!) che, se dotati di una bicicletta in grado di farci attraversare l’Altopiano della Gardetta, può essere considerato il quarto versante del Colle della Fauniera. Proprio come gli altri versanti è difatti contraddistinto dalle pendenze dure ed altalenanti, dalla sede stradale stretta e dal panorama finale quasi dolomitico.
Dopo aver attraversato il centro abitato principale della vallata (Canosio, appunto), proseguiamo immersi nella vegetazione fino al pianoro appena dopo il caseggiato di Preit, spesso costretti a superare rampe molto impegnative (decisamente oltre il 10%).
Entriamo così nel vallone finale dove comincia la seconda parte della salita. Innanzi a noi è già ben visibile la sella geografica del Colle, ed un occhio attento può già scorgere i tornanti finali intagliati sulle ripide pareti rocciose del Bric Servino. Dopo un breve falsopiano abbandoniamo il fondovalle ed iniziamo a risalire il versante occidentale con un paio di ripidissimi tornanti: l’ambiente è suggestivo e la vallata ampia ci consente vedute in ogni direzione, con una skyline sempre dominata – a nord – dal Monviso.



Come scritto, le pendenze sono decisamente impegnative (media dell’8% dal bivio Canosio), ma spesso riusciamo a rifiatare: tutto un altro discorso quando superiamo le ultime baite e cominciamo ad affrontare gli ultimi tornanti che, costeggiando l’impressionante parete del Bric Servino, ci fanno superare il balzo roccioso che ci separa dal Colle e dall’Altopiano della Gardetta. In questi ultimi due chilometri, asfaltati recentemente ma dalla sede stradale a tratti invasa da inquietanti detriti, la pendenza media si assesta sul 12%: siamo di fronte ad uno dei finali più terrificanti di tutti i duemilametri asfaltati da me percorsi!
Soddisfazione quindi doppia una volta raggiunto il Colle ed aperta la visuale sull’Altopiano della Gardetta: ad oriente si delinea facilmente riconoscibile Rocca La Meja, il “simbolo” di questo scorcio di Alpi, mentre il lussureggiante altopiano è costellato da rocce di tutti i colori e tagliato da un impressionante labirinto di strade bianche!



Non si creda, però, che a questo punto le fatiche siano finite.
La strada, nonostante abbiamo appena valicato un Colle, prosegue infatti in salita, sostituendo l’asfalto con uno sterrato – tutto sommato – compatto. Per fortuna le pendenze diminuiscono notevolmente e non si trovano più rampe oltre il 10%, anche se il fondo “sabbioso” (mangeremo parecchia polvere, visti i numerosi fuoristrada che saremo costretti ad incrociare lungo il percorso) accentua notevolmente la difficoltà della salita. Ma di salita ce n’è ancora, e parecchia: dobbiamo infatti proseguire verso ovest fino quasi a raggiungere il Passo della Gardetta (2437m slm), il punto culminante dell’intero altopiano e della carrozzabile militare che lo attraversa da est ad ovest.



“Quasi raggiungere” perché, giunti dopo 5km al Rifugio Gardetta (2330m) puntiamo in direzione est dirigendoci – sempre in leggera salita – verso il Colle Valcavera, già visto in mattinata, dove ritroveremo l’asfalto.



Ci attendono a questo punto 12km di saliscendi, costantemente pedalati tra i 2300 e i 2400 metri, di una bellezza entusiasmante: non a caso ho definito questa parte un “museo geologico a cielo aperto” e non a caso è rientrato nella mia “top ten” dei luoghi più belli che ho visitato quest’estate in MTB (se ci fate caso, l’unico senza ghiacci o laghi...).



Lungo il percorso “valicheremo” numerosi colletti (in Internet ho scoperto un signore che si vantava di aver valicato 5 duemilametri... mah!?...): il Colle Cologna (2394m slm), il Colle Margherina (2420m slm), il Colle Bandia (2408m slm) ed infine il Colle Valcavera (2416m slm). Peccato solo non si possa raggiungere agevolmente il Colle del Mulo (2527m slm), il più alto della zona, il quale valica verso l’Esisichie, come detto impraticabile a causa di una frana (ma senz’altro andrò ad ispezionarlo, le prossime stagioni...).
Poco altro da aggiungere: questa volta, è proprio il caso di scriverlo, è meglio far parlare le immagini!



Raggiunto finalmente l’asfalto, risaliamo nuovamente – carichi di polvere – il Vallone dei Morti fino a valicare per la seconda volta il Fauniera.



La discesa seguente, questa volta verso la Valgrana, è da percorrere con estrema attenzione; forse ancor più di quella dall’Esischie, visto che in direzione Pradleves l’asfalto è buono ed induce a velocità decisamente esagerate (in considerazione della ristretta sede stradale e del traffico tutto sommato sostenuto). Conviene quindi “tirare i freni” ed ammirare al meglio gli splendidi valloni che attraversiamo.



Raggiunto il Santuario di San Magno la discesa si fa più anonima (ma altrettanto stretta e pericolosa) fino a concludersi, poco a monte di Pradleves, attraversando le suggestive gole create dal Torrente Grana.



A questo punto ci attendono poco più di 20km di trasferimento, in leggera discesa (ma non mancano alcune antipatiche contropendenze), che ci portano dapprima a Caraglio ed infine a Borgo San Dalmazzo, da dove eravamo partiti in mattinata.


In definitiva...

Giro splendido, a metà strada tra MTB e ciclocross, che permette di scoprire uno dei luoghi più suggestivi delle Alpi Marittime: l’Altopiano della Gardetta.
Percorso che può essere notevolmente ridotto, allungato e modificato per via della geografia stessa dell’altopiano, essendo quest’ultimo facilmente raggiungibile da quattro salite (più una discesa) di notevole spessore tecnico. Peccato solo per il tratto asfaltato di trasferimento da Pradleves a Demonte, ma ho già individuato anche in questo caso una variante (ovviamente in salita!) per “ridurre il chilometraggio ed aumentare il dislivello” (CpC conosce bene il mio motto!).
Spero di far venire la voglia a qualcun altro di seguire questo mio percorso; così come spero che qualcuno di voi, oltre ad immedesimarsi in Salvoldelli, quando scenda dal Valcavera provi a risalire il breve colletto per ammirare in tutta la sua estensione questo splendido scorcio delle Alpi: sono sicuro che non ne rimarrà deluso!


Panoramiche

Purtroppo non ho ancora trovato nulla, in Internet, relativo a questa parte delle Alpi.


A presto,
Emiliano
fricius
00domenica 26 dicembre 2010 14:34
Re: Giro della Gardetta. Piemonte, Italia. MTB (ciclocross)
-Emiliano-, 26/12/2010 13.48:



Panoramiche

Purtroppo non ho ancora trovato nulla, in Internet, relativo a questa parte delle Alpi.


A presto,
Emiliano



ecco qua: [SM=g27985]

Alpi Occidentali - Una visita virtuale con fotografie panoramicheUna visita virtuale.

http://pano.ica-net.it/

ciao, Max
-Emiliano-
00domenica 26 dicembre 2010 15:11
x fricius

Grazie della segnalazione...
C'è anche il Col de Youla!
Peccato che le immagini siano in formato "mini", ma lo spettacolo è comunque garantito. Appena ho un attimo di tempo, organizzo le varie modifiche...

Emiliano

PS: sei pronto per il settimo posto della classifica? [SM=g27988]
MirkoBL
00domenica 26 dicembre 2010 21:52
Posti splendidi.
È fattibile in bici da corsa il tratto sterrato della Gardetta?
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