Col d’Arp e Colle della Croce. Val d’Aosta, Italia. MTB (All Mountain, ciclabilità 90%)
65km con 2.900m di dislivello – altezza massima 2639m slm. 12 ottobre 2010.
Perché?...
Quella che sto per descrivere è senza dubbi una delle giornate di ferie meglio spese di tutto il mio 2010: sia per lo splendido itinerario e l’ultimo “saluto” al Monte Bianco (protagonista, insieme al Cervino, del mio 2010 in MTB) e sia per il meteo che, come ben ricordiamo, ad ottobre ci ha “regalato” fine settimana poco “pedalabili”!
In verità, confrontato agli altri percorsi presenti in questa mia lista, questo giro a dir poco impallidisce: corto, breve e “brutto ciclisticamente” (perché non un vero anello, ma un “otto” mal disegnato), sopperisce ampiamente a questi suoi difetti garantendo al ciclista panorami entusiasmanti al cospetto del Monte Bianco e due salite/discese a traffico ZERO (...e quando scrivo “ZERO” intendo proprio ZERO...).
Inoltre lo spirito d’avventura e di scoperta che mi hanno animato nel percorrerlo trovano pochi eguali in tutta la mia annata: riuscire a scovare in Valdigne due salite pressoché inedite (non le conosceva bene neppure
fricius, il mio mentore per questa parte delle Alpi), due salite tutto sommato ciclabili, posso garantirvi che non è stato facile. Grandissima emozione quindi scoprire, pedalata dopo pedalata, due ascese: una di una bellezza stratosferica, l’altra “un po’ meno”.
Infine, sempre sulle orme di
fricius (il mio/nostro “ciclo–trekker” preferito...), questa escursione in Val d’Aosta ha avuto il grandissimo merito di vedere il mio battesimo in una nuova dimensione della Mountain Bike: quella appunto del “ciclo–trekking”!
Breve descrizione del percorso:
Si parte da Pré Saint Didier, paesino a due passi dal Monte Bianco dal quale cominciano tradizionalmente i rilievi altimetrici per il Passo del Piccolo San Bernardo.
Il percorso di oggi è un po’ “forzato”: pur avendo preso un giorno di ferie sono costretto a rientrare all’auto presto (16:00) e, dovendo partire giocoforza tardi rispetto ai miei standard (8:15), decido di ridurre notevolmente dislivello e chilometraggio. Sto inoltre per affrontare due salite e, soprattutto, due discese non sufficientemente recensite da nessuna parte: ne nasce, per prudenza, uno strano percorso “ad otto” che mi consentirebbe – in qualsiasi momento – un dietrofront ed un facile rientro all’auto tutto in discesa. A conti fatti, ora che so come sono le due salite, il percorso potrebbe essere modificato grazie all’enorme varietà di Colli in zona (San Carlo, Belvedere, Chavannes, Fourclaz).
Ma veniamo alla descrizione.
La giornata comincia subito in salita: percorro il primo rettilineo del Passo del Piccolo San Bernardo tra le case di Pré Saint Didier dopodiché, proprio in corrispondenza del primo tornante, abbandono la strada principale dirigendomi verso Champex. Qui comincia un breve tratto sterrato che, con pendenze intorno al 5%, mi porta a ritrovare l’asfalto della strada principale che sale da Courmayeur.
Sono appena all’inizio ma già ci sono diverse note positive riguardo alla giornata: il meteo semplicemente da favola (le previsioni erano invitanti, ma non così tanto!), l’asfalto che mi accompagnerà per buona parte della salita “mitigando” alcune rampe veramente impegnative, il fatto che – per la conformazione geografica della salita e della valle – mi ritrovo a pedalare costantemente al sole (con 0°C alla partenza questa è un’ottima notizia; tenetene conto se però vorrete affrontare l’ascesa in piena estate...).
Veramente inaspettato l’asfalto: tranne un breve tratto in prossimità dell’alpeggio di Planey, percorribile con attenzione anche in BdC, la salita è asfaltata fino a quota 1600m slm e risulta quindi – per gli splendidi panorami che offre sulle Grandes Jorasses – una splendida novità anche per gli amanti della Specialissima (anche se temo non molti si spingeranno fin quassù, vero Paradiso della MTB, con la bici da corsa).
Facile suddividere in quattro parti questa splendida ascesa.
La prima parte si conclude appunto all’alpeggio di Planey: quasi tutta aslfaltata, tutto sommato pedalabile, vede alcuni brevi strappi impegnativi oltre il 10% (in particolare uno prima del ponticello che segna l’inizio del breve tratto sterrato) che preannunciano quanto ci aspetterà da lì a poco.
La seconda parte ci conduce fino all’alpeggio di Chantore (laddove vedrò in lontananza le uniche persone incrociate lungo le due salite/discese di quest’oggi!). E’ un tratto veramente impegnativo che, con una serie di strettissimi tornanti immersi nella pineta (evidentemente asfaltati di recente), ci fa superare il balzo roccioso che fiancheggia il torrente che scende dalla Tete du Grand Mont (che domina il panorama, impressionantemente vicina!). Brevi tratti in cui si può “tirare il fiato” sono alternati a strappi micidiali che superano anche il 15%: anche se ovviamente nel corso della mia annata ho affrontato ben di peggio, posso assicurarvi che questo segmento dell’ascesa all’Alpe d’Arp lascierà il segno.
La terza parte inizia simbolicamente quando, circa a quota 1600m slm, superiamo l’alpeggio principale del Vallone ed abbandoniamo definitivamente l’asfalto: ci attende a questo punto uno dei tratti pedalati più duri ed emozionanti dell’intera Val d’Aosta! Si esce infatti definitivamente dal bosco e la visuale comincia a spaziare su buona parte del Massiccio del Bianco: alla nostra destrà fa bella mostra di sé l’elegante sagoma delle Grandes Jorasses, mentre davanti fa capolino – dietro alla Testa d’Arp – il “Monte Bianco in persona”!
Ciclisticamente, ahinoi, la salita è la naturale prosecuzione del tratto asfaltato precedente: numerosi tornanti, brevi falsipiani in cui riposare, alternati a strappi in cui si avvicina pericolosamente la soglia del 20%. Fortunatamente la sede stradale è sempre ampia e, nonostante le montagne intorno siano particolarmente “friabili”, in fondo è discreto e ciclabile; pertanto, pur con qualche “fisiologico” zigzag per cercare la strada più scorrevole, tra qualche sasso di troppo ed alcune sterpaglie, si riesce a pedalare ogni singolo metro della salita. Segnalo in questo tratto un paio di rettilinei in cui si supera, seppur di poco, il 20%: lì dovrete veramente tenere duro per riuscire a non mettere il piede a terra!
Nella quarta ed ultima parte dell’ascesa ad Alp d’Arp, oramai superati i duemilametri, le pendenze tornano a farci respirare definitivamente. Il Vallone si apre regalandoci vedute indimenticabili sul Massiccio del Bianco e buona parte dell’Alta Val d’Aosta. Poche centinaia di metri innanzi a noi vediamo distintamente i casolari dell’alpeggio, termine delle nostre fatiche, mentre percorriamo il tratto dal fondo peggiore – che scorre di fianco ad una parete rocciosa particolarmente franosa che in diversi punti ha lasciato qualche “regalino” sulla sede stradale. Fortunatamente, ripeto, qui le pendenze non sono eccessive: altrimenti, tra fondo sabbioso e massi da “circumnavigare”, sarebbe stato difficile riuscire a pedalare.
L’arrivo ad Alp d’Arp è entusiasmante; pur non scorgendo più la Cima del Bianco il panorama è da cinque stelle e, soprattutto, essere riusciti a portare a termine una salita dura, solitaria, immersa in un ambiente da favola e della quale non si sapeva praticamente nulla è una soddisfazione ciclistica enorme!
Ma non è ovviamente finita: siamo appena a 2138m slm e ci separano ancora circa 400m di dislivello al valico vero e proprio, il Col d’Arp (2570m slm). Dislivello da superare quasi completamente a piedi.
Tre i tronconi in cui può essere suddiviso quest’ultimo tratto.
Il primo ci fa risalire verso l’altopiano alla testata del Vallone: percorriamo un sentiero molto ripido, in mezzo al prato, che punta decisamente in direzione sud. Non ci sono problemi a portare la bici al fianco (anche se in qualche caso conviene mettersela in spalla...), ma è assolutamente impossibile pedalare.
Entriamo quindi nell’altopiano finale dove riusciamo a percorrere anche qualche tratto in sella, in parte lungo il sentiero sempre ben delineato e in parte tagliando direttamente sull’immenso pratone (in parte ancora in ombra) che lo contraddistingue. Davanti a noi, ben riconoscibile (anche per il cartello segnaletico giallo), la sella geografica del Col d’Arp.
Piano piano il valico si avvicina ed il percorso si fa decisamente impedalabile. Risaliamo gli ultimi 150m di dislivello con stretti tornantini lungo una pietraia; il sentiero è sempre ben delineato ed assolutamente sicuro, ma con la bici in spalla è una bella faticaccia! In ogni caso, in meno di un’ora dall’Alp d’Arp si arriva in cima: la fatica appena fatta si dimentica immediatamente ed è solo fonte di doppia soddisfazione!
Inutile sottolineare come il panorama di lassù sia entusiasmante. Eccezion fatta per il lato nord (ma rimedierò da lì a poco conquistando anche il Col de Youla!) la vista spazia con eccezionali vedute dappertutto: in lontananza su Gran Combin e Monte Rosa, e a sud – più vicino – sullo scintillante ghiacciaio del Rutor. Ai nostri piedi (è proprio il caso di dirlo, dato che il valico si trova su una sottile cresta rocciosa) si aprono da una parte il severo Vallone d’Arp e dall’altra il lussureggiante Vallone di Youla che percorreremo in discesa.
Ma non è finita qua...
Perché qui comincia la parte trekking della mia giornata: sulle orme di
fricius decido di abbandonare la mia fedele Bianchi (tanto non c’è in giro NESSUNO: anche le marmotte sono oramai in letargo!...) e di raggiungere il Col de Youla, il cui valico è ben delineato e dista appena un quarto d’ora dal Col d’Arp. Certo: si à trattato di una semplice camminata su un tranquillo sentiero, nulla a che vedere con le arrampicate “over 3000m” a cui ci ha abituato il buon
Massimiliano, ma questo è da vedere come un inizio (ad esempio anche dallo stesso Col de Youla si aprono percorsi trekking di notevole spessore...); l’anno prossimo spingerò senz’altro ancora più in là il mio limite!
Già comunque, posso assicurarvelo, il panorama da questo sconosciuto Colle non lascia indifferenti, una delle balconate sul Massiccio del Bianco più belle viste quest’estate: non oso immaginare raggiungendo i monti lì intorno (mi pare si possa salire fino al Berrio Blanc!).
Dopo le foto di rito ed aver ammirato dall’alto i numerosi sentieri della Val Veny percorsi qualche mese prima, ritorno sui miei passi e raggiungo nuovamente la MTB.
Comincio un po’ titubante la discesa lungo il Vallone di Youla; discesa che, oltre ogni più rosea aspettativa (la mia tecnica è pari a zero...), si rivelerà uno stupendo mix di tecnica (1%...) e paesaggi entusiasmanti (99%)!
Se si escludono i primi due tornantini, difatti, la si riesce a fare quasi completamente in sella; i primi duecentometri di dislivello si scendono in parte sul sentiero ed in parte “cercandolo” nell’immensa prateria mentre ci avviciniamo sempre più al fondovalle ed al torrente Youla.
Qualche volta bisogna mettere il piede a terra, ma anche per un “non amante” dei percorsi tecnici come me, devo ammettere che questo tratto è stato fonte di grande soddisfazione. Raggiunto il fondovalle in prossimità del Ricovero Reggiani (2360m slm) e facendo attenzione a lasciare il torrente alla propria destra, il sentiero diviene una veloce carrozzabile che – via via che si scende di quota – risulta sempre più comoda.
A quota 2050m, gettato un ultimo affascinato sguardo dietro di noi verso la vetta del Bianco, abbandoniamo il Vallone di Youla: la carrozzabile diviene a questo punto aperta al normale traffico motorizzato e, con ampi e splendidi tornanti, fiancheggiando una suggestiva cascata, ci fa perdere rapidamente quota. Ritroviamo l’asfalto a quota 1950m (peccato: sarebbe stato un duemilametri asfaltato completamente inedito e dai panorami entusiasmanti!), dopodiché entriamo nel bosco e la salita si fa più anonima (attenzione alla sede stradale sempre stretta ed alla quasi totale assenza di traffico, che potrebbe indurre una discesa “senza freni”).
Solo nel finale la discesa regala nuovi scorci sulla Valdigne, ed in lontananza sulla piana di La Thuile, degni di nota; ma il confronto con quanto visto più a monte è veramente impari!
Tocchiamo il fondovalle a La Balme (1300m slm): da lì ci attende un po’ di asfalto fino a raggiungere i 1950m del Colle San Carlo.
La prima parte si snoda lungo la Statale del Piccolo San Bernardo fino a La Thuile (1450m); qui consiglio vivamente di riempire le borracce: fuori stagione la “mitica” fontanella in cima al Colle è chiusa!!!
Quindi imbocchiamo a sinistra la deviazione per il Colle San Carlo (uno dei pochi valichi asfaltati della Val d’Aosta), magari percorrendo la “direttissima di Thovex” (1km ben oltre il 10% medio con punte del 18%) per risparmiare sul chilometraggio.
Nonostante meno celebre ciclisticamente dell’altro versante, anche da La Thuile posso assicurarvi che questo valico merita grande rispetto: anche se privo dell’impressionante regolarità del lato nord, ci troveremo difatti ad affrontare svariati strappi oltre il 10%, in una salita dalla pendenza media di tutto rispetto (8%).
Per il resto, la salita è molto aperta, ricca di tornanti dove “respirare” e garantisce buoni panorami sull’Alta Valdigne ed alcuni scorci degni di nota sulle Grandes Jorasses.
Il piazzale d’arrivo è, in verità, immerso nel bosco e privo di grandi vedute, ma – come mio solito – consiglio vivamente la deviazione (direzione nord) verso la Tete d’Arpy e l’impressionante Belvedere su Courmayeur e buona parte del Massiccio del Bianco.
Oggi però il mio programma è un altro: dopo aver letto il simpatico ed “invidioso” SMS di
fricius (cito testualmente: “Hai visto che hai azzeccato anche oggi?”, immagino si riferisse al meteo) punto subito verso sud e mi appresto a scalare il Colle della Croce.
La strada è ampia e ben tenuta, nella prima parte facilmente percorribile anche in BdC (
grigua ne sa qualcosa), e, con pendenze modeste, ci porta velocemente al bivio Colle della Croce / Lago d’Arpy. Siamo sempre immersi nella pineta, anche se a volte si aprono belle visuali su Arpy e la sua vallata.
Dopo il bivio decido di allungare il percorso e proseguire per il Lago d’Arpy (lo spettacolo è garantito!): da lì in avanti si trova qualche strappo più impegnativo (10-15%), ma il fondo risulta sempre ben compatto e ciclabile senza problemi in MTB. Quindi solo l’ultima rampa di 100m, per risalire il balzo roccioso che fa da argine naturale al lago, è al limite della ciclabilità (sia per il fondo meno compatto, che per la pendenza intorno al 20%, che per il traffico turistico a volte decisamente “antipatico”).
Raggiunto il Lago e la sua fiabesca conca, abbandono ancora la bici e ne percorro tutto il perimetro a piedi: spero che le foto rendano l’idea dello spettacolo al quale si può assistere in questa stagione.
Ritemprato da questa breve sosta fotografica, ritorno sui miei passi fino al bivio sopraccitato per affrontare l’ultima fatica di giornata: la salita al Colle della Croce.
La quale rappresenterà l’unica “nota stonata” in questa fantastica giornata: nell’unica scarsa (ed evidentemente datata...) recensione che avevo trovato in Internet, veniva definita come una “strada militare dalle pendenze sostenute ma pur sempre ciclabile”. Purtroppo, invece, la cruda realtà ha disatteso queste mie speranze.
La strada ha effettivamente pendenze regolari come tutte le strade militari (se si esclude il pianoro finale, dal bivio sono 400m di dislivello in 4km esatti) ma, dopo la prima parte immersa nella pineta – naturale prosecuzione della salita precedente – cominciano le note dolenti. Come peraltro già evidente dal Lago d’Arpy, la strada difatti è costruita su una montagna a dir poco franosa e numerosi sono i massi che invadono la sede stradale; a volte costringendoci a improponibili zigzag, altre volte inesorabilmente al “piede a terra”. Ricordo un tratto, lungo almeno 50m, in cui un’enorme frana ha invaso tutta la sede stradale, riducendola ad una sottile striscia lungo la quale (con un precipizio poco invitante alla mia destra) ammetto di non aver trovato il coraggio di pedalare.
Un vero peccato!
Anche perché, quando nel finale il fondo torna più compatto, ci si rende conto che con un minimo di manutenzione il percorso sarebbe completamente pedalabile. Ma va bene così: il comprensorio di La Thuile garantisce già fin troppe salite sterrate entusiasmanti e ciclabili...
Nell’ultimo tratto la salita si snoda all’ombra mentre il Massiccio del Monte Bianco si nasconde momentaneamente alla nostra vista; per apparire, raggiunto il valico, di un’eleganza con pochi paragoni (a mio parere questa è la prospettiva migliore per ammirarne la Cima).
Dal Colle della Croce (2381m slm) un facile sentiero conduce alla cima a nord, mentre un sentiero più impegnativo, ma credo “fattibile” l’anno prossimo (dovrò mettermi d’accordo con
fricius!), porta fino ai 3024m del Monte Colmet.
Ma è già tempo di ripartire...
La discesa dal versante orientale è ripida ed impraticabile per i primi 200m di dislivello: tornantini stretti (in stile toboga) e fondo sconnesso vanno oltre i miei limiti tecnici, anche se immagino che qualche funambolico freerider si gongolerebbe felice scendendo di quassù. In ogni caso, in quarto d’ora e si mettono alle spalle.
Superato questo primo balzo roccioso, il sentiero si fa più ciclabile e – seppur costringendoci qualche volta a tratti camminati – possiamo raggiungere abbastanza velocemente l’alpeggio di Plan Praz (2065m slm). A questo punto non ci sono più problemi; la strada diventa una normale strada aperta al traffico veicolare e si alternano tratti sterrati ad altri asfaltati (in prossimità dei numerosi ed ampi tornanti): in un attimo, seppur a malincuore, siamo di nuovo a La Thuile.
Da lì si segue tranquillamente la Statale del Piccolo San Bernardo fino a Pré Saint Didier.
D’obbligo, lungo gli ultimi stretti tornanti che la caratterizzano poco a monte dal paesino valdostano, un ultimo saluto – per il 2010 – al Monte Bianco.
In definitiva...
Come ho già premesso, quello appena descritto più che un “anello ciclistico” vero e proprio è un “doppio consiglio” su due brevi anelli valdostani – fattibili tranquillamente in mezza giornata – di rara bellezza; il primo con partenza da Pré Saint Didier ed il secondo con partenza da La Thuile. Io, il 12 ottobre, li ho uniti così, più che altro per motivi di tempo e fotografici, ma nulla vi vieta di organizzarli diversamente.
Posso assicurarvi che poche altre volte pedalerete così indisturbati in un ambiente d’Alta Montagna tra i più belli ed imponenti delle Alpi: io (certo: giorno feriale e fuori stagione) ho complessivamente incrociato lungo le due salite/discese zero auto, zero persone, zero marmotte, zero camosci, poche mucche e quattro cavalli.
Inoltre poche altre volte riuscirete a trovare una salita che, come quella all’Alpe d’Arp, vi garantiranno grandi soddisfazioni ciclistiche in un contesto alpino superbo (che, se si aggiunge anche il finale trekking fino al Col de Youla, non teme il confronto con NULLA di alpino ch’io conosca!...).
Se volete “vivere” la vera Mountain Bike, almeno una volta nella vita dovrete venire quassù!
Panoramiche
Testa del Rutor
Alle prossime!
Emiliano