Peruzzi drastico: dopo Buffon il vuoto
E’ di oggi la notizia che accertamenti più accurati hanno sancito uno stop più lungo del previsto per Gigi Buffon: non uno ma ben due mesi lontano dai campi da gioco, con Manninger e Amelia che dovranno prenderne l’eredità nella Juve e nella Nazionale. Il solito adduttore, quello di Cagliari, quello per cui il portierone ha accelerato i tempi di recupero giocando con troppa fretta la partita col Palermo: il problema è serio perché Buffon è il portiere più forte del mondo e due mesi possono essere decisivi soprattutto per la Juve. Ma se Amelia predica ottimismo in quanto alla nuova scuola italiana di estremi difensori, elogiando il cagliaritano Marchetti, ma anche portieri di Serie B come De Lucia, Acerbis e Zotti, Peruzzi non è dello stesso avviso.
L’ex giocatore di Roma, Juve, Inter e Lazio, di recente facente parte dello staff della Nazionale lippiana, ha preso spunto da questo infortunio muscolare di Super Gigi per tracciare un po’ il bilancio della situazione portieri nel nostro Paese, non lesinando critiche ad allenatori, genitori e osservatori, per giustificare a suo modo una carenza lampante. D’altra parte lo stesso Amelia non offre garanzie (si veda punizione di Del Piero di domenica scorsa) e il suo secondo è De Sanctis, panchinaro al Siviglia e non brillantissimo in Turchia: “Di sicuro gli stranieri tolgono spazio ai giovani ma se un ragazzo di qualità come Fiorillo a 18 anni costa tre o quattro milioni capisco che un club corra in Sudamerica e prenda a un milione un portiere già formato. Basta farlo ambientare un po’, come ha fatto l’Inter con Julio Cesar, e si sistema” ha detto Peruzzi.
Ma come fare, dunque, per allevare buoni portieri oggigiorno?
“Bisogna cominciare dall’inizio. La crisi parte dai settori giovanili: ragazzini di 12 o 13 anni si bruciano in una domenica per un paio di errori. La volta successiva non giocano più. Se ai miei tempi si fosse ragionato così non avrei mai cominciato. Anche perché è aumentata la pressione sugli allenatori che devono vincere per fare carriera. A noi, da bambinetti, chiedevano soltanto di crescere, divertirsi e imparare, a questi chiedono già il successo. Insieme ai tecnici ci metto i genitori: una volta in porta ci andava il più scarso in attacco o chi aveva la vocazione. Adesso molti spingono i figli a fare calcio perché un giorno diventino milionari e, nonostante il fascino di figure come Buffon, la speranza di avere in casa un Totti o Del Piero è più forte. Un portiere di solito guadagna meno”.
Lucido e caustico, il buon Angelo individua le basi su cui costruire un cambiamento per il futuro.
“Al centro del calcio c’è il pallone: più lavori con quello e più ti impratichisci nella presa, nel movimento dei piedi, eccetera. Invece mandano i giovani in palestra, per potenziare braccia e gambe, quando non sanno ancora tenere un pallone. Un’altra regola traditaè il divertimento. Sa quali sono le due paure inconsce che si affrontano cominciando in questo ruolo? Il timore per il pallone che ti arriva addosso e quello per la botta quando cadi a terra. Se ti restano dentro, avrai un difetto per sempre. Perciò è importante superarle da piccoli attraverso esercizi di gioco, non con le esercitazioni noiose”.
E poi se la prende con gli osservatori, che spesso scartano un portiere perché non abilissimo con i piedi, “come se valuti una vettura dall’autoradio” scherza Peruzzi. Certo che se Curci, di fatto il terzo portiere della Nazionale, è stato bruciato in men che non si dica appannaggio di un Doni che seppur bravo non è un fenomeno, allora ci si rende contro che il discorso torna. Cosa che è successa anche a Catania con Bizzarri preferito all’ottimo, a mio avviso, Polito. Quale dunque il futuro dei portieri italiani?